Ci sono giornate in cui ti alzi, ti prepare al nulla, nel
senso che non ti aspetti nulla dalle 16-17 ore a seguire, e invece quando torni
con la testa sul cuscino sprizzi felicita’ anche dal buco dietro e non sai piu’
come organizzare emozioni e pensieri. Per me oggi e’ stata una di quelle
giornate. Ho il piacere di raccontarvela.
L’inizio della hwy e’ penoso. Impreco come non avevo imprecato nemmeno lungo la Dempster su nei NWT. Strada si asfaltata, ma stretta (per un canone nordamericano) e pullulante di insidiosi avvallamenti sul manto stradale. Quelle pericolosissime canalette che prese in curva, magari ai 110 su 90 di limite – il mio stile – portano una volta riappoggiato il copertono a terra ad un infido slittamento correttivo. Momenti di tensione stradale. Quando all’orizzonte appare un tir, sono istanti da vietati ai minori. Immagino la lunga agonia prima di poterlo passare. E invece, fortuna assiste, ed un lungo rettilineo in salita si materializza. Il bestione arranca, io arrampico come un ragnetto, ed il gioco e’ fatto. Fuori uno. Ne faccio fuori parecchi altri con la mia indole mattutina da guerriero stradale – rv, macchine, altri camion – e non mi faccio passare da nessuno. Un po’ come quando cammino in montagna hehe! Dopo le prime ore passate sulla strada, inquadro il primo, duplice obiettivo: Dease Lake (che prontamente ribattezzo amichevolmente DESEASE LAKE) Fungera’ da gas stop e da cibo stop. Eh, gas. Su a Nugget avevo calcolato di potercela fare abbastanza sicuro fino alla meta. Aia, come sbagliavo. Guardo la lancetta, che poco dopo segna clamorosamente riserva e “Check gage” in rosso. Sono a circa 40 chilometri dalla meta. Ora, fossi a casa non mi preoccuperei: ci sono benzinai ad ogni sputo e soprattutto, sembra che le riserve delle macchine italiane abbiano capacita’ 1/3 del serbatoio (sbaglio?). Qui la riserva sembra ti possa portare fino al prossimo albero. E’ una lineetta sottile come un foglio di carta. Di conseguenza, inizio gia’ a pensare a come attirare l’attenzione del prossimo automobilista e costringerlo a fermarsi per aiutarmi. Rallento il passo. Scendo le discese in folle. Prego per tanta, lunghissima discesa fino a DESEASE e puntualmente, dopo la prima curva mi trovo una salita che sembra non finire mai. ‘Holy sh**”. E via. Spingo la macchina su per le salite con una velocita’ che sembra quella di una Ford del 1915. Mi sento un classe ’36. Eppure, miracolosamente, arrivo ai margini del paesello. E all’unica pompa di benzina. Salvo per miracolo.
Dopo una meritata pappata di pasta al sugo e olive nere (avevo un barattolo mezzo aperto da 3 giorni che sballottava per il frighetto, lasciandolo con un inconfondibile aroma di salamoia) riparto. Sono le 15. Vola il tempo eh? Inoltre, il cielo si e’ aperto, ed ora fratello Sole mi illumina con buona parte della sua potenza. Che bello spettacolo! Non vedevo una giornata di sole cosi’ dai tempi di Seward, AK! A 17 gradi celsius sto gia’ sudando e accendo il riciclo d’aria fredda. La mia abitudine alle temperature e’ decisamente shiftata verso il basso. Guido tra le prime montagne del BC, montagne eleganti, non aspre, rocciose, irraggiungibili, ma arrotondate, coperte da tundra, perlopiu’ senza alberi da poco sopra i loro piedi. Stessi colori “natalizi” gia’ visti su nello Yukon. Laghetti attorno fanno da perfetta cornice. Sembra tutto cosi’ perfetto che non posso non metter su “Texas was you” e cantarla a squarciagola (il cantante menziona viaggi in meta’ degli States!). Mi fermo con qualche volta per delle foto – anche se a fine giornata il bottino sara’ di misere 9! – poche volte in realta’, vista la quasi assenza di pullouts lungo la strada. Inutile dire che le aree di sosta non son mai nei posti piu’ fotogenici invece..
Leggevo poco prima di avventurarmi giu’ a sud nel mio Milepost, che nella hwy che sto percorrendo gli orsi neri sono “comuni”. Non direi MAI comune di un orso, a meno che non si trattino di grizzly a Denali. Eppure, mi sbagliavo. Mentre sono cosi’ ammaliato dal paesaggio che presto ben poca attenzione ai cespugli tutt’attorno, ecco che una macchietta nera si avvicina. Penso sia una di quelle sagome nere intagliate a forma d’orso che qualche locale bontempone piazza a ciglio strada per prendersi gioco dei passanti. E invece, quando gli sfreccio vicino, con del senso di colpa mi accorgo che e’ un vero orsetto nero, che mi guarda con aria anche discretamente distratta. Non vedo la madre. Comunque, primo orso. Passano 3 minuti che appena attraversato un ponte, un’altra macchia nera si materializza a bordo strada. Altro giro, altro orso. Ancora un piccoletto – avra’ avuto un anno – e ancora senza madre. Strano. Devono essere state parecchio a cespugli. Passano altri 5 minuti – le tempistiche non sono inventate affatto! – che stavolta due macchie nere fanno la loro apparizione, e mentre sfreccio (continuo a cercar di tenere i 110) brucano pacificamente dell’erbaccia. Una madre, eccola!, e il suo cucciolo. Sono a quota 4 orsi neri nel giro di 8 minuti! Pazzesco, non era mai capitato. Sono a bocca aperta. Non sapevo cosa mi aspettava, li davanti.
Avevo dimenticato quanto fosse estremamente bello, grazioso, profumato e ammaliante il B.C.. C’e’ un motivo, l’ho sempre detto, nel loro scrivere “Beautiful British Columbia” sulle targhe delle auto. E’ un posto che, ora che ho visto l’Alaska, puo’ starle secondo per certi aspetti, ma sotto certi punti di vista (vedi piu’ sole e piu’ strade) offre una concorrenza spietata. I posti sono da quadro. Se sapessi dipingere sarebbe la prima cosa che farei, prima ancora di scattare una foto. Mi fermo di colpo quando vedo un laghetto che, incastonato tra erba arancione che oscilla al vento, riflette lontane vette con pochi residui di neve sulle cime. Una scena idilliaca. Un castoro, indisturbato se no da qualche camion che passa ogni tanto, nuota tranquillo per i fatti suoi. Qualche paperella rimane assopita all’ombra delle canne. Mi piacerebbe avere una sediolina da campeggio per aprirla la, in mezzo alla strada, e ammirare la scena fino a notte. Purtroppo, uno sono sprovvisto di sedia, due se la piantassi in mezzo alla strada finirei investito. E vorrei evitare la cosa.
Ero a quota 4 orsi, stupito, quasi incredulo. Il Milepost aveva davvero ragione, sono si comuni! Proprio mentre lo penso, il mio occhio rapace inquadra subito un altro quadrupede sulla mia estrema destra, in una posizione decisamente da foto, in equilibrio su un tronco d’albero abbattuto. Stavolta un adulto, solitario, di bella stazza. Bell’esemplare. Ehi, era il quinto!! Cinque??! Da quando in qua! Sto scavando il percorso verso un record, e ci prendo gusto. Non passa piu’ di un quarto d’ora che, dopo una curva della strada che mi introduce in una specie di viale alberato, dove alti rami ombraggiano la strada, vedo a un centinaio di metri o neanche una madre che fa attraversare la strada ai suoi due cuccioli. Con calma. Non la spavento nemmeno quando quasi mi fermo di fianco a lei. E prende poi la sua strada verso il fondo, il torrente, e la protezione dei cespugli. Sono esterrefatto. Quota 8. E sembra non finire. Guido svariati km con la bocca aperta, finendo con l’inghiottire diversi moscerini, preso da troppo stupore misto a gioia per l’accaduto. Vedere un orso e’ sempre bello. Anche se come in questi casi, non posso fotografarli. Le memorie di questi momenti rimarranno per sempre. Sono istanti di pura emozione, credetemi. Non sono scoiattoli! E giust’appunto mentre discorro di cose del genere fra me e me, il mio occhio sempre piu’ rapace (dovrei darmi alla caccia) avvista un altro orso, il nono del giorno, un bel maschio adulto, che e’ quasi per mettere una zampa sulla strada. Mentre passo mi guarda con uno sguardo fiero, senza paura, come pronto a sfidarmi. Io tiro dritto, ovviamente. Contento come mai. Nove orsi. Ho eguagliato il record di un anno fa a Glacier. Ora vediamo se riusciamo ad andare in doppia cifra, sarebbe storico. Ma passano troppi altri km e di altri orsi non c’e’ traccia.
Nel frattempo, ascolto un po’ di musica. Seleziono una traccia a me molto cara, che mi fa sempre versare lacrimoni, non tanto per tristezza (anche se a volte, una tinta c’e’) quanto per felicita’ riflessa. La canzone e’ la gia’ nominata “Lovesong from the Mountains”, l’autore un tal Deuter. Come gli zaini. E’ inutile, non resisto. Sara’ che la mia mente ha collegato quelle note ai momenti, ai luoghi piu’ belli che la mia esistenza abbia visto, ma puntualmente al sentirla i miei occhi diventano lucidi. E cosi’ accade oggi. Preso dal momento, non riesco a chiudere la bocca – sempre aperta da prima e infestata ormai di moscerini – e a staccare gli occhi dal paesaggio. I colori suadenti, i laghetti con acqua cristallina e perfettamente immobile, le montagne che invitano alla camminata. E l’aria. Respiro avidamente. Vorrei avere altri due polmoni per trarre piu’ profitto dall’aria fragrante, di intenso profumo boschivo, che entra dal riciclo. E se quella del riciclo e’ cosi’, non riesco ad immaginare la purezza di quella fuori che non vedo l’ora di inalare. Immerso in questo mondo, guido come stessi guidando verso le porte del Paradiso. Sembra tutto cosi’ bello, cosi’ irreale. La strada non e’ la piu’ bella che abbia mai visto, sia chiaro – non e’ la Dempster, non e’ la Going to the Sun su a Glacier, o la Beartooth giu’ in Wyoming – ma il momento la fa sembrare perfetta. Dolce. E obiettivamente, e’ gran bella comunque. La assaporo dall’inizio alla fine, senza stancarmene. E senza stancarmi di rimandare indietro la stessa canzone, e di versare qualche lacrimuccia in piu’, mentre alla fine di tutto, mi faccio un bel segno della croce per rendere grazie per tutto cio’.
Mi sento davvero, molto fortunato. Anche se son convinto che la mia fortuna me la sono voluta, cercata e creata. Ma mi sento comunque fortunato, non c’e’ tanta gente che puo’ raccontare cose del genere.
PS. Volevo arrivare in doppia cifra, con gli orsi. Sinceramente, un po’ mi rosicava finire a 9. Dai! Giusto quando mancavano ormai una decina di km dal paese, e quando ormai le mie speranze erano perse, ecco che un bell’orso nero appare tranquillamente dopo una curva, intento a pascolare l’erba e minimamente disturbato dalla mia vettura. Il decimo! 10 orsi in neanche mezza giornata! Incredibile! Se non e’ da record (sicuramente il mio personale, per un giorno solo!) poco ci manca! Se volete vedere orsi, cari amici, ecco la persona con cui dovete girare!!
Sto scendendo dall’Alaska, sono al terzo giorno di guida, e
come obiettivo di oggi prefisso un paesello di nome New Hazelton, British
Columbia. E’ una tappa da camionista: sono 1195 km da dove mi trovo ora,
Whitehorse, Yukon. E io sono da solo, non ho cambi al volante. Essendo pero’ il
tempo uggioso, senza margini di miglioramento, e avendo tante, troppe cose da
fare giu’ negli States, decido di provare la lunga marcia forzata. Potrei non
dir nulla fino a mezzogiorno circa. Via di nuvole che sembrano potersi tagliare
con un coltello, e tanti, tanti boschi, non noto altro. Anche se onestamente i
suddetti boschi sono meravigliosi: qui a nord gli alberi hanno gia’ cambiato il
colore delle foglie, che ora appaiono perlopiu’ gialle, qualcuna arancione, a
volte rosse. Il manto erboso recita la stessa parte, con diverse pianticelle
dall’acceso color rosso che illuminano il paesaggio. Nel complesso, sembra un
quadro. Le tinte sono quasi natalizie. Lo spettacolo della taiga quassu’ e’
favoloso. E tutto sommato, anche se il grigiume lassu’ rimane, e io indosso
volentieri la mia nuova giacchetta dalle 6 alle 11, e’ piacevole guidare qui.
“Qui” e’ l’Alaska Highway, che sto percorrendo verso sud ovviamente.
Ho intenzione di scendere verso Vancouver stavolta tenendo la sponda
occidentale del B.C., ovvero girando a destra (sud) a Nugget City, e percorrere
la Cassiar Highway fino a Prince George, per poi voltare ancor piu’
verso sud e passare il confine via Hope (posto dove venne girata una delle
prime scene di Rambo I. Ovviamente provero’ ad inscenare un remake).L’inizio della hwy e’ penoso. Impreco come non avevo imprecato nemmeno lungo la Dempster su nei NWT. Strada si asfaltata, ma stretta (per un canone nordamericano) e pullulante di insidiosi avvallamenti sul manto stradale. Quelle pericolosissime canalette che prese in curva, magari ai 110 su 90 di limite – il mio stile – portano una volta riappoggiato il copertono a terra ad un infido slittamento correttivo. Momenti di tensione stradale. Quando all’orizzonte appare un tir, sono istanti da vietati ai minori. Immagino la lunga agonia prima di poterlo passare. E invece, fortuna assiste, ed un lungo rettilineo in salita si materializza. Il bestione arranca, io arrampico come un ragnetto, ed il gioco e’ fatto. Fuori uno. Ne faccio fuori parecchi altri con la mia indole mattutina da guerriero stradale – rv, macchine, altri camion – e non mi faccio passare da nessuno. Un po’ come quando cammino in montagna hehe! Dopo le prime ore passate sulla strada, inquadro il primo, duplice obiettivo: Dease Lake (che prontamente ribattezzo amichevolmente DESEASE LAKE) Fungera’ da gas stop e da cibo stop. Eh, gas. Su a Nugget avevo calcolato di potercela fare abbastanza sicuro fino alla meta. Aia, come sbagliavo. Guardo la lancetta, che poco dopo segna clamorosamente riserva e “Check gage” in rosso. Sono a circa 40 chilometri dalla meta. Ora, fossi a casa non mi preoccuperei: ci sono benzinai ad ogni sputo e soprattutto, sembra che le riserve delle macchine italiane abbiano capacita’ 1/3 del serbatoio (sbaglio?). Qui la riserva sembra ti possa portare fino al prossimo albero. E’ una lineetta sottile come un foglio di carta. Di conseguenza, inizio gia’ a pensare a come attirare l’attenzione del prossimo automobilista e costringerlo a fermarsi per aiutarmi. Rallento il passo. Scendo le discese in folle. Prego per tanta, lunghissima discesa fino a DESEASE e puntualmente, dopo la prima curva mi trovo una salita che sembra non finire mai. ‘Holy sh**”. E via. Spingo la macchina su per le salite con una velocita’ che sembra quella di una Ford del 1915. Mi sento un classe ’36. Eppure, miracolosamente, arrivo ai margini del paesello. E all’unica pompa di benzina. Salvo per miracolo.
Dopo una meritata pappata di pasta al sugo e olive nere (avevo un barattolo mezzo aperto da 3 giorni che sballottava per il frighetto, lasciandolo con un inconfondibile aroma di salamoia) riparto. Sono le 15. Vola il tempo eh? Inoltre, il cielo si e’ aperto, ed ora fratello Sole mi illumina con buona parte della sua potenza. Che bello spettacolo! Non vedevo una giornata di sole cosi’ dai tempi di Seward, AK! A 17 gradi celsius sto gia’ sudando e accendo il riciclo d’aria fredda. La mia abitudine alle temperature e’ decisamente shiftata verso il basso. Guido tra le prime montagne del BC, montagne eleganti, non aspre, rocciose, irraggiungibili, ma arrotondate, coperte da tundra, perlopiu’ senza alberi da poco sopra i loro piedi. Stessi colori “natalizi” gia’ visti su nello Yukon. Laghetti attorno fanno da perfetta cornice. Sembra tutto cosi’ perfetto che non posso non metter su “Texas was you” e cantarla a squarciagola (il cantante menziona viaggi in meta’ degli States!). Mi fermo con qualche volta per delle foto – anche se a fine giornata il bottino sara’ di misere 9! – poche volte in realta’, vista la quasi assenza di pullouts lungo la strada. Inutile dire che le aree di sosta non son mai nei posti piu’ fotogenici invece..
Leggevo poco prima di avventurarmi giu’ a sud nel mio Milepost, che nella hwy che sto percorrendo gli orsi neri sono “comuni”. Non direi MAI comune di un orso, a meno che non si trattino di grizzly a Denali. Eppure, mi sbagliavo. Mentre sono cosi’ ammaliato dal paesaggio che presto ben poca attenzione ai cespugli tutt’attorno, ecco che una macchietta nera si avvicina. Penso sia una di quelle sagome nere intagliate a forma d’orso che qualche locale bontempone piazza a ciglio strada per prendersi gioco dei passanti. E invece, quando gli sfreccio vicino, con del senso di colpa mi accorgo che e’ un vero orsetto nero, che mi guarda con aria anche discretamente distratta. Non vedo la madre. Comunque, primo orso. Passano 3 minuti che appena attraversato un ponte, un’altra macchia nera si materializza a bordo strada. Altro giro, altro orso. Ancora un piccoletto – avra’ avuto un anno – e ancora senza madre. Strano. Devono essere state parecchio a cespugli. Passano altri 5 minuti – le tempistiche non sono inventate affatto! – che stavolta due macchie nere fanno la loro apparizione, e mentre sfreccio (continuo a cercar di tenere i 110) brucano pacificamente dell’erbaccia. Una madre, eccola!, e il suo cucciolo. Sono a quota 4 orsi neri nel giro di 8 minuti! Pazzesco, non era mai capitato. Sono a bocca aperta. Non sapevo cosa mi aspettava, li davanti.
Avevo dimenticato quanto fosse estremamente bello, grazioso, profumato e ammaliante il B.C.. C’e’ un motivo, l’ho sempre detto, nel loro scrivere “Beautiful British Columbia” sulle targhe delle auto. E’ un posto che, ora che ho visto l’Alaska, puo’ starle secondo per certi aspetti, ma sotto certi punti di vista (vedi piu’ sole e piu’ strade) offre una concorrenza spietata. I posti sono da quadro. Se sapessi dipingere sarebbe la prima cosa che farei, prima ancora di scattare una foto. Mi fermo di colpo quando vedo un laghetto che, incastonato tra erba arancione che oscilla al vento, riflette lontane vette con pochi residui di neve sulle cime. Una scena idilliaca. Un castoro, indisturbato se no da qualche camion che passa ogni tanto, nuota tranquillo per i fatti suoi. Qualche paperella rimane assopita all’ombra delle canne. Mi piacerebbe avere una sediolina da campeggio per aprirla la, in mezzo alla strada, e ammirare la scena fino a notte. Purtroppo, uno sono sprovvisto di sedia, due se la piantassi in mezzo alla strada finirei investito. E vorrei evitare la cosa.
Ero a quota 4 orsi, stupito, quasi incredulo. Il Milepost aveva davvero ragione, sono si comuni! Proprio mentre lo penso, il mio occhio rapace inquadra subito un altro quadrupede sulla mia estrema destra, in una posizione decisamente da foto, in equilibrio su un tronco d’albero abbattuto. Stavolta un adulto, solitario, di bella stazza. Bell’esemplare. Ehi, era il quinto!! Cinque??! Da quando in qua! Sto scavando il percorso verso un record, e ci prendo gusto. Non passa piu’ di un quarto d’ora che, dopo una curva della strada che mi introduce in una specie di viale alberato, dove alti rami ombraggiano la strada, vedo a un centinaio di metri o neanche una madre che fa attraversare la strada ai suoi due cuccioli. Con calma. Non la spavento nemmeno quando quasi mi fermo di fianco a lei. E prende poi la sua strada verso il fondo, il torrente, e la protezione dei cespugli. Sono esterrefatto. Quota 8. E sembra non finire. Guido svariati km con la bocca aperta, finendo con l’inghiottire diversi moscerini, preso da troppo stupore misto a gioia per l’accaduto. Vedere un orso e’ sempre bello. Anche se come in questi casi, non posso fotografarli. Le memorie di questi momenti rimarranno per sempre. Sono istanti di pura emozione, credetemi. Non sono scoiattoli! E giust’appunto mentre discorro di cose del genere fra me e me, il mio occhio sempre piu’ rapace (dovrei darmi alla caccia) avvista un altro orso, il nono del giorno, un bel maschio adulto, che e’ quasi per mettere una zampa sulla strada. Mentre passo mi guarda con uno sguardo fiero, senza paura, come pronto a sfidarmi. Io tiro dritto, ovviamente. Contento come mai. Nove orsi. Ho eguagliato il record di un anno fa a Glacier. Ora vediamo se riusciamo ad andare in doppia cifra, sarebbe storico. Ma passano troppi altri km e di altri orsi non c’e’ traccia.
Nel frattempo, ascolto un po’ di musica. Seleziono una traccia a me molto cara, che mi fa sempre versare lacrimoni, non tanto per tristezza (anche se a volte, una tinta c’e’) quanto per felicita’ riflessa. La canzone e’ la gia’ nominata “Lovesong from the Mountains”, l’autore un tal Deuter. Come gli zaini. E’ inutile, non resisto. Sara’ che la mia mente ha collegato quelle note ai momenti, ai luoghi piu’ belli che la mia esistenza abbia visto, ma puntualmente al sentirla i miei occhi diventano lucidi. E cosi’ accade oggi. Preso dal momento, non riesco a chiudere la bocca – sempre aperta da prima e infestata ormai di moscerini – e a staccare gli occhi dal paesaggio. I colori suadenti, i laghetti con acqua cristallina e perfettamente immobile, le montagne che invitano alla camminata. E l’aria. Respiro avidamente. Vorrei avere altri due polmoni per trarre piu’ profitto dall’aria fragrante, di intenso profumo boschivo, che entra dal riciclo. E se quella del riciclo e’ cosi’, non riesco ad immaginare la purezza di quella fuori che non vedo l’ora di inalare. Immerso in questo mondo, guido come stessi guidando verso le porte del Paradiso. Sembra tutto cosi’ bello, cosi’ irreale. La strada non e’ la piu’ bella che abbia mai visto, sia chiaro – non e’ la Dempster, non e’ la Going to the Sun su a Glacier, o la Beartooth giu’ in Wyoming – ma il momento la fa sembrare perfetta. Dolce. E obiettivamente, e’ gran bella comunque. La assaporo dall’inizio alla fine, senza stancarmene. E senza stancarmi di rimandare indietro la stessa canzone, e di versare qualche lacrimuccia in piu’, mentre alla fine di tutto, mi faccio un bel segno della croce per rendere grazie per tutto cio’.
Mi sento davvero, molto fortunato. Anche se son convinto che la mia fortuna me la sono voluta, cercata e creata. Ma mi sento comunque fortunato, non c’e’ tanta gente che puo’ raccontare cose del genere.
L’idillio viene bruscamente interrotto da una piccola
tragedia. Mentre guido ormai prossimo a destinazione, un piccolo pennuto salta
fuori dal nulla e urta il parabrezza. Faccio appena in tempo a voltarmi sullo
specchietto e vedere il poveretto muovere l’aluccia un paio di volte ancora, e
finire a terra senza vita. Mi si leva il sorriso dal volto, sussurro un “Noo..”
pieno di tristezza. Mi dispiace da morire. Mi fa sempre male quando vedo
qualcosa che perde la vita, che sia un pesce, una farfalla, o un uccellino.
Ricordo benissimo come mi sentii dopo aver ucciso il salmone, su in AK –
salmone che eppure non sprecai. Quella povera bestiola esanime sul terreno
pero’, mi mette tristezza. Mi sento in colpa. Provo semplicemente a non
pensarci piu’. Riprendo a contemplare le montagne, che senza soluzione di
continuita’ si affacciano ovunque mi giri, ora dipingendosi di rossi e rosa.
Sempre sublime.
Sono ormai le 9 della sera, e sono arrivato a New Hazelton.
Dalle 6.15 del mattino – ora della mia dipartita, son passate 14 ore e 45.
Sottraendo le pause effettutate (principalmente due), totalizzanti 2 ore quasi nette, il risultato
e’.. la solita imprecazione. Sono stato al volante per 12 ore e mezza
praticamente, percorrendo quasi 1200 km. Da camionista, appunto. Ottima media
inoltre – sopra il limite – anche questo da camionista. Sono stanco, ho gli
occhi che mi si chiudono da soli, e sono parcheggiato in un bieco motel in
paese. Ho voluto scrivere questo pezzo prima di addormentarmi pero’, prima di
lasciare che la notte potesse annebbiare la memoria, e raffreddare il cuore. Ho
combattuto il sonno, ma non so quale sia stato il risultato. Se avro' saputo
veicolare a voi anche un centesimo solo delle emozioni che ho provato io oggi,
in questa giornata da cui nulla aspettavo, allora saro’ soddisfatto. Un
centesimo del mio oggi credo valga una buona giornata, tutto sommato.PS. Volevo arrivare in doppia cifra, con gli orsi. Sinceramente, un po’ mi rosicava finire a 9. Dai! Giusto quando mancavano ormai una decina di km dal paese, e quando ormai le mie speranze erano perse, ecco che un bell’orso nero appare tranquillamente dopo una curva, intento a pascolare l’erba e minimamente disturbato dalla mia vettura. Il decimo! 10 orsi in neanche mezza giornata! Incredibile! Se non e’ da record (sicuramente il mio personale, per un giorno solo!) poco ci manca! Se volete vedere orsi, cari amici, ecco la persona con cui dovete girare!!
Dopotutto, non e’ stata una brutta giornata.
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