mercoledì 31 ottobre 2012

Lake Tekapo

Puoi dormire in macchina, scomodo, al freddo, svegliarti con le ossa a pezzi, di cattivo umore. Ci sta tutto, quando poi la prima cosa su cui posi gli occhi, e' qualcosa del genere. E quando non c'e' anima viva che disturbi la quiete di questo spettacolo incredibile.
 
Lake Tekapo, New Zealand. Copyright Emanuele Canton, 2012.
 

lunedì 29 ottobre 2012

Torno indietro di qualche giorno


Credo che per vivere appieno la vita, per sentirsi bene, bisogna lasciare i soliti schemi, abbandonare le certezze, uscire dalle convenzioni. Oltrepassare la normalita’ e la routine e abbandonarsi all’ignoto, al non frequente. Darsi all’esplorazione. Questo per tante cose: vale per posti fisici, per le altre persone, per il nostro io interiore.

Io lo scopro solo ora. Con questo non voglio dire che basta uscire di casa e dalla routine quotidiana per sentirsi improvvisamente realizzati, compiuti, raggiunti. Quello sarebbe piu’ un tocco di bacchetta magica, strumento che purtroppo devo ancora conoscere. Ma l’improvvisa sferzata d’aria fresca che solo l’ignoto puo’ dare e’ paurosa, e sa di magico.

Rimanere legati ad un posto, a certe sicurezze o piuttosto consuetudini puo’ far perdere alcuni sensi, e scrollarsi di dosso la normalita’ puo’ risvegliarli e cosi’, donarti un’aria nuova, un po’ di freschezza che sono a mio parere estremamente gratificanti. Un esempio: stare seduti mezzora sulla tavoletta del bagno causa un’afflusso minore di sangue alle gambe e ai piedi in particolare, provocando quella spiacevole reazione di pizzichio una volta che decidiamo di alzarci. Fatto cio’ pero’, dopo poco riacquistiamo la nostra normale funzionalita’, grazie alla rinnovata circolazione sanguigna. E ci sentiamo meglio – in confronto al pizzichio di poco prima. Il meccanismo e’ questo: solo che gli interpreti stavolta sono i nostri sentimenti, le nostre emozioni.

Io avevo dimenticato quanto bello fosse guidare senza fretta per strade sconosciute di un paese lontano. Contemplare gli alberi, i fiumi, le montagne, gli animali selvatici. Non sapevo quanto incredibilmente soprendente fosse arrivare a casa di uno sconosciuto che oltre a darti un letto e un bagno, ti offre una cena calda e la colazione al mattino. Ignoravo quanto e dove potesse arrivare la mia forza di volonta’ – sono arrivato ad un livello che non avrei mai sperato e son sicuro che posso andare ben oltre. E tutto cio’ e’ fantastico!

Guidare da Auckland a Wellington ha un deciso che d’Irlanda, senza pioggia pero’. Gli alberi ti ricordano una lontana isola dei tropici, la fauna.. beh di quella non se ne vede granche’ in realta’, se c’e’ una pecca finora e’ quella. L’aria e’ fresca, pulita, diversa, quasi si percepisce che si e’ in un’emisfero diverso. La temperatura, sebbene non superi i 18-19 gradi ora, e’ ottima. Sto in spiaggia, senza maglietta, e sudo. Sembra strano, sembra quasi che il caldo sia troppo anche se caldo non e’ ma che il freddo non sia cosi’ tanto freddo. E’ bello qui. Mentre guidi – a sinistra ovviamente – perdi lo sguardo verso posti sconosciuti, neanche tanto studiati a dire il vero, e fantastichi di future avventure su e giu’ per i sentieri del posto. Passo vicino a Egmont National Park che altro non e’ un recipiente un po’ piu’ spazioso per il maestoso Mt.Taranaki, che vagamente risemblante Mt.Rainier, si erge solitario, innevato, sulla pianura circostante. Passo una sfilza di piccoli paesini e villaggi che hanno un che di turistico ma senza quell’aria esagerata che gli si da in America (strade assiepate di motels e fast-foods, che ci sono anche qui, ma in misura nettamente minore). Sembra piacevole, anche se non c’e’ nulla da fare. Non ci sono grandi attrazioni, negozi da paura, passatempi. C’e’ solo quella grossa montagna che ti guarda da una quarantina di chilometri di distanza. E’ rilassante guidare la road 3 verso Wanganui. E ci arrivi la sera, stanco ma felice.

Pensando che potresti essere a casa, stipendiato, coccolato, senza pensieri. Ma invece sei li, a godertela tutta, a metterti in gioco, a guidare senza farsi troppi problemi, a prenderti l’aria in faccia, a respirarla a pieni polmoni. Non c’e’ paragone.

domenica 28 ottobre 2012

Lake Wakatipu

Questa e' solo per illustrare la tipica bellezza di questi posti. E non e' ancora niente. Pazzesco. Qui rimanere senza fiato pare sia cosa facile facile.
Lake Wakatipu, Otago, New Zealand. Copyright Emanuele Canton, 2012.
 

sabato 27 ottobre 2012

Ho la sensazione di aver sbagliato strada: mi sa che son gia' arrivato in Alaska!



Near Okiwi Bay, New Zealand. Copyright Emanuele Canton, 2012

venerdì 26 ottobre 2012

giovedì 25 ottobre 2012

Pirongia Forest Park, New Zealand (copyright Emanuele Canton, 2012)

Clarks Beach, New Zealand (copyright Emanuele Canton, 2012)

 
Arguably one of the worst beaches of the country, it could be a top pick in plenty others.

martedì 23 ottobre 2012

Cosa vuol dire "sogno"

E' il 24 ottobre, e mi trovo ad Auckland, in Nuova Zelanda. E chi l'avrebbe mai detto? Pochi credo, e nemmeno io mi annovero tra quelli onestamente.
Ho affrontato un viaggio che per 47 ore non mi ha fatto appoggiare la testa su un cuscino, che ha incollato il mio sedere [alla fine] distrutto per 22 ore ai sedili poco reclinabili di diversi aerei, che mi ha fatto vedere 5 diversi aeroporti nell'arco di 2 giorni. Wow. Wow! Non ci avrei mai pensato. E questo pensiero l'ho fatto una volta decollato da Melbourne, dove poco prima respiravo aria australiana, quell'aria che gia' dall'alba - con le sue tinte rosate su un limpido cielo azzurro infinito - sa da spazi immensi, da alberi esotici, da fattorie in continuazione e da canguri, ragni, serpenti, squali e coccodrilli. L'Australia tanta gente la vede solo in tv, e questo e' quel che passa! E sorvolarla, vederne i tratti del sud-ovest, le foreste qua e la, i laghetti, le poche catene montuose all'orizzonte, la costa di un blu mai visto.. mi hanno fatto emozionare parecchio. Stavo guardando "Il Re Leone" in italiano mentre volavo, e non so se mi si sono velati gli occhi piu' per la morte di Mufasa o per i pensieri che facevo su questo paese.

Eppure Dubai sembrava di un altro pianeta: 31 gradi a mezzanotte, un fiume, una marea di luci ovunque, i taxi che erano auto di lusso e tanta gente strana. Strana? Si, per noi. Per me. Per la mia cultura. Mentre cammino per l'aeroporto, dove per rendere piu' viva la cosa si sono piantate finte palme lungo i corridoi, e mentre penso che forse la quantita' di luci e' direttamente proporzionale ai soldi che costoro hanno da spendere (non ho provato, ma secondo me c'e' una luce rossa girevole anche in cesso che si illumina quando riesci a mollarla!), ecco realizzo che il burka esiste. Sul serio! Non e' una leggenda che le donne vanno via assiepate dietro questo groviglio di fasce eh! E fa specie. Come tutte le cose, in positivo o in negativo, in grande o in piccolo, vedere di persona fa sempre un altro effetto. Specialmente nel loro vero contesto. Ci sono donne di cui vedo a malapena gli occhi. E mentre mi soffermo con sguardo tipicamente italiano a scrutare meglio qualche avvenente giovane donna burkata, mi domando se in realta' non sto rischiando la vita osando fare tutto cio'. Probabilmente alle mie spalle si cela un califfo locale che brandisce una scimitarra sul dorso del suo cammello.

Ma la meta di tutto questo girovagare, dai, e' la Nuova Zelanda. Una volta fatta fino all'Australia, sembra proprio dietro l'angolo. Anche l'enorme stanchezza non dico scompaia, ma cede il passo a qualcos'altro che non riesco a descrivere. Incredulita', realizzazione, eccitazione, paura. Un gran bel mix. Scendendo verso l'aeroporto do un occhio alla linea costiera. Mentre atterro sembra di essere a Venezia, con la pista che si materializza giusto quando inizi a pensare "Stiamo volando su un aircraft ed in verita' atterreremo sull'acqua". Fuori pero', pare un miscuglio tra la Scozia, l'Irlanda e le coste del Nord Ovest degli States. Un verde infinito, parecchi alberi, il mare. Un sali-scendi continuo di versi colline. L'inizio, a parte il cielo grigio, promette niente male. Io sono organizzato bene, combatto con efficacia la mole di bagagli - una valigia da 20 kg in mano, uno zaino 85 lt con 10 kg di peso in spalla, uno zainetto da 8,5 kg davanti - e passo i controlli anche se gli ispettori non mi aiutano (mi fanno tirar fuori la tenda e la "disinfestano", sapete, qui son malati con l'importazione di specie animali da fuori! Giustamente!) ed esco in fretta. Il visto praticamente quasi manco me lo guardano. Pazzesco, mi han fatto piu' storie in Italia che qua! Una volta fuori, sapete, son le solite cose: l'autobus, l'alloggio, fai una piccola spesa - mi mancavano gli infradito as esempio - e.. e vai a dormire. Il ristorante deserto e schifoso dove mangio alle 5 locali di certo non mi mette allegria, e dopo aver trovato un possibile venditore per la macchina, mi rifugio sotto le coperte. Non vedo l'ora di chiudere gli occhi. So che non sara' tanto caldo, le due finestre della camera hanno due paurose aperture che non posso chiudere, quindi mi tengo la felpa e i calzini a portata di mano.
Scopro solo ora, il mattino seguente,  che avevo la coperta termica sotto il culo. Bastava attaccare la spina!

Talvolta certe cose che perseguiamo durante la nostra vita ci sembrano irrealizzabili. E quando le realizziamo, le viviamo, le tocchiamo con mano, tali ancora ci sembrano. Ecco cos'e' un sogno: un qualcosa che certe volte e' immateriale, sembra impossibile, irraggiungibile, anche se fortemente voluto. Altre e' una cosa che si concretizza, e per il suo aspetto bellissimo, meraviglioso, ci sembra ancora, totalmente, irreale.

sabato 20 ottobre 2012

Stavolta, si parte


Eh si, ormai ci siamo.

Ho imprecato, lottato, faticato, rischiato, atteso per questo momento per mesi. E alla vigilia del 21 ottobre 2012, (ci sono solo 2,1 e 0 nella data.. che centri qualcosa?! Bah!) posso dire di esserci arrivato. La fine di un ciclo, l’inizio di un’altro. E le sensazioni sono stranissime.

Sapete, con alcuni di voi lettori ho passato un po’ di tempo in queste ultime settimane. Durante le ultime due soprattutto, chi a cena, chi prima di cena, chi per mezz’ora, chi per un pomeriggio intero, ho cercato di stare con molta gente. Volevo andar via avendo salutato o detto qualche parola un po’ a tutti. Soprattutto a quelli che solitamente passano piu’ tempo con me. Ho fatto tante cose in quest’ultimo periodo, e sono grato a tutti coloro che ci hanno messo del loro. Mi son sentito importante, benvoluto, coinvolto. Ed e’ bello. Anche se non dovrebbe volerci una partenza del genere per sentirlo – e non voglio dire che gli altri giorni non mi sentivo cosi’, sia chiaro – e’ che con qualcosa del genere di fronte, le cose si amplificano da se’.

Parto non so per quanto. Parto senza un piano granche’ definito. Parto all’avventura. Niente di che, veramente, non e’ nulla di eccezionale. Pero’ tutto sommato, mi fa sentire strano, soprattutto queste ultime ore. Gli ultimi giorni sono stato bene con la gente. E’ stato bello vedere i sorrisi, ricordare episodi, ridere assieme, riuscire a radunare gente che magari tutta insieme non si vedeva da una vita. E’ stato emozionante vedere anche gli occhi lucidi di qualcuno. Mi sono emozionato io quando ho salutato un bambino, che mi faceva ciao con la manina.

Le ultime ora qui invece sono strane. E’ come se vivessi in una bolla, estraniato dal mondo. Penso solo alle mie cose, all’aeroporto, alla valigia, alla macchina. Nel cervello, e’ come se fosse scomparso tutto, qualsiasi altro pensiero. Sono silenzioso. Non riesco a provare ne’ tristezza, ne’ gioia. Ne’ quella felicita’ contagiosa che ho sfoggiato la sera prima, ne’ l’inquietudine che spesso pervade i momenti prima di molte partenze. E’ come se fossi una specie di essere etereo che non prova nulla. E’ strano.

Ma credetemi, non vedo l’ora di essere in gioco. Se per un millesimo di secondo, a volte, mi passa per la mente quanti ostacoli potrei trovare lungo il mio percorso, mi passa un brivido lungo la schiena. Gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo, ed anche il miglior pianificatore non puo’ nulla contro di essi. D’altro canto, anche il solo realizzare che si e’ gia’ fatta una gran strada per arrivare fino a questo punto, aiuta. Da coraggio. Da stimoli. Quel che e’ ancora da venire, si a volte spaventa, ma altre meraviglia. Illumina gli occhi. Scalda il cuore.

E’ arrivata l’ora di infilarsi le scarpe, mettersi lo zaino in spalla, e camminare. Tornero’, certo. E voglio tornare migliore. In fondo, e’ anche un viaggio per scoprire meglio me’ stesso. Voglio tornare piu’ maturo, piu’ grande, piu’ saggio, piu’ scaltro, piu’ sincero, piu’ arricchito. Piu’ felice. Voglio tornare con tanti amici in piu’. Voglio tornare con una grande voglia di suonare il campanello ai miei migliori amici, un giorno a loro insaputa, ed abbracciarli dopo tanto tempo. Voglio tornare e condividere tante, tante storie ed avventure. Voglio tornare con in mente cosa fare della mia vita. Voglio diventare un uomo migliore lungo il cammino. Un cristiano migliore. Voglio capire cosa c’e’ dentro me’ stesso, le mie potenzialita’, i miei limiti, le mie debolezze e i miei punti forti. Voglio farlo con testa, con coraggio e con consapevolezza.

Si, pare proprio che voglia fare un sacco di cose. Ed e’ cosi’. Voglio anche – ultimo ma tutto fuorche’ ultimo – vedere il mondo.

E ce la faro’, parola mia.

Ciao. Grazie!

martedì 9 ottobre 2012

New travel log

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Manu