mercoledì 8 dicembre 2010

10. Ci sono un sacco di bestie qui!

Si dice che questo genere di plantigrado sia in realtà più pericoloso di quanto non sembri. A dispetto delle sue dimensioni ridotte (difficilmente supera il metro di altezza) e del suo aspetto bonario, l’orso nero ha dalla sua la capacità di arrampicarsi sugli alberi, cosa che fa escludere questa via di fuga in caso di attacco, e soprattutto l’imprevedibilità. Può scappare alla presenza di esseri umani ma anche attaccare senza alcun preavviso o motivo. Per questo, dicono alcuni, sarebbe da temersi quasi più dei grizzly stessi. Non fu un problema per noi quel giorno. Personalmente, era il terzo orso nero che vedevo tra Canada e Us, e tutti e tre non mi avevano quasi neanche cagato. Buon per me, foto a buon mercato e senza rischi particolari. Anche se, quella volta in Canada fui un po’ incosciente, col senno di poi. Erano le 6 e mezza di mattina, le strade del parco di Jasper deserte, e Andrea vide l’orso sul fianco destro della strada, che camminava pacifico vicino al torrente, puntando l’asfalto. Io, alla guida, inchiodai e feci marcia indietro, salvo fermarmi ad un cento-centoventi metri dalla bestia per non spaventarla. Uscii da solo, digitale in mano, correndo piano verso l’animale. Lui stava per attraversare la strada. Mi avvicinai fino a circa trentacinque metri: se avesse deciso di attaccarmi c’erano almeno 70 metri tra me e la macchina, e correndo quasi tre volte la mia velocità, l’orso mi avrebbe preso con facilità. Col senno di poi, appunto, feci una cosa azzardata. Ma non ci pensai al momento, quando vedi una cosa del genere, almeno a me capita così, sei preso dall’istante, la vedi come una cosa irripetibile, sei attirato in modo magnetico dall’animale, e cerchi di coglierne il lato selvaggio da più vicino che puoi, anche rischiando qualcosa. Il risultato però, è decisamente appagante, credetemi!
Tornando a Yellowstone, posso dire che quell’incontro non fu parimenti eccitante. Ero più sicuro, più protetto, e con troppa gente attorno. Ma fu bello comunque. Partimmo verso nord-est carichi di eccitazione.
Stavamo puntando verso Lamar Valley, una vallata tra lo Slough Creek ed il Pebble Creek, risaputa patria di qualche branco di lupi: i più famosi, quello di Druid Peak e di Slough Creek. Il lupo è un animale che allo stesso tempo mette paura ed affascina. E’ grande, più di un normale cane domestico, veloce, di gruppo. Ha due occhi che, quando digrigna i denti, non fanno mai piacere a vedersi, sono carichi di fame e aggressività. Quando caccia in branco è impossibile scappargli. Il lupo è stato cacciato fino quasi all’estinzione, a Yellowstone. Cacciava il bestiame degli allevatori vicini, che decisero di sterminarli. Si dovette ricorrere alla reintroduzione di lupi grigi canadesi, tra gli anni 70 e 80 del ‘900, per risollevare la popolazione di lupi di Yellowstone. Ora, miracolosamente, la specie sta crescendo. Se ne contano circa trecento esemplari nel parco, che salgono a quattrocento contando l’intero Greater Yellowstone (termine con cui si identifica una regione più vasta, comprendente anche il parco di Teton e territori contigui in Montana, Idaho e restante parte del Wyoming), stanziati in diverse aree e divisi in branchi ben precisi. Ci stavamo dirigendo a Lamar nella speranza di vederne alcuni. Difficile, molto difficile, di giorno ed in mezzo alla strada, ma non del tutto impossibile. Abbrustoliti dal caldo, con le fette di cheddar che marciscono sul tappetino della macchina (aperte dal giorno prima senza mai sentire il freddo del frigorifero), raggiungiamo l’imbocco della valle. Ci scorre, al solito, lo Yellowstone, che si ramifica in fiumiciattoli e torrentelli che si perdono in pozze d’acqua dove, qua e la, si abbeverano bisonti solitari. Un branco di bisonti anzi, sbucando da una collina alla nostra sinistra, si piazza nel bel mezzo della strada. Questo animale imponente da il massimo quando è in branco. Si respira la potenza di questa bestia, si ha l’occasione di stargli a pochi metri, consci del fatto che, qualora lo volesse, potrebbe caricarti ed incornarti facilmente, o allo stesso modo danneggiarti seriamente la macchina (facendoti pagare un conto piuttosto salato al ritorno della macchina – le compagnie non fanno sconti per animali inferociti). Facendo qualche scatto, si può ammirare il dettaglio: l’occhio, la bocca, il “capello” un po’ leccato piuttosto che quello col ciuffo alla Elvis. Che tipi i bisonti! I buffalo, come li chiamano li. Ma perché diamine un bisonte si deve chiamare bufalo in america io non lo so.. pronunciarlo è più bello, sa più da west, ma buffalo è bufalo, e quello è un altro animale che vive altrove!!
Linguistica a parte, aspettiamo il dileguarsi di questa buffalo jam, l’ ingorgo, il traffico a causa dei di bisonti, e ripartiamo. Facciamo buona parte della valle, avanti e indietro, back and forth, ma di lupi neanche l’ombra. Sperammo un po’ troppo nella fortuna, quel giorno. Veniamo invece ricompensati parzialmente sulla via del ritorno, ad una decina di miglia, direzione est, rispetto a Tower Roosevelt. Troviamo sulla strada una fila infinita di macchine, da ambo i lati della carreggiata, cosa che ci fa palesemente dedurre che doveva esserci qualcosa di losco in corso. L’ulteriore conferma ci viene data dalla presenza di una macchina dei ranger. Andiamo, c’è qualcosa di grosso la fuori! Lasciamo la macchina in fondo alla fila, in pendenza circa del 20% - tant’è che la portiera della vettura si chiude da se, senza bisogno che io la spinga – e ci precipitiamo verso l’assembramento maggiore di gente. In due secondi il mistero è svelato: laggiù, sul letto del fiume, a circa trecento – trecentocinquanta metri da noi, ci sono un paio di coyote che si stanno spartendo la carcassa di un non identificato erbivoro. Tutt’attorno, decine di crow e raven (mentre i crow sono dei comunissimi corvi, i raven sono dei loro simili più grossi, diffusissimi in America del Nord ma anche in Nord Europa) che ammirano la scena, aspettando con pazienza il loro turno per sgraffignare qualche brandello di carne. Data la distanza per me enorme dai coyote, chiedo al ranger perché non ci si potesse avvicinare ulteriormente, dato che per quegli animali la distanza minima doveva essere di una trentina di metri, da regolamento. La risposta, che avrei potuto darmi anch’io, fu ovviamente “E’ una situazione potenzialmente pericolosa, meglio mantenere queste distanze”. Grazie tante. Praticamente, quando sono con cuccioli, quando sono in branco, quando sono in paese, e adesso anche quando mangiano, ecco in tutti questi casi gli animali sono potenzialmente pericolosi e devono esser fatti rispetto di maggiori distanze. Finirò col dover guardare gli elk col binocolo, un giorno! Che tempi! Ciò detto, restiamo per qualche minuto a contemplare la situazione, in attesa del colpo di scena, magari un branco di lupi che irrompe nella scena e scaccia i poveri coyote, ma così non è.

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