martedì 4 dicembre 2012

Un giorno molto, molto lungo. E difficile.


Mi riesce davvero difficile in questo momento prendere e scrivere. Perche’ dovrei? E soprattutto, di cosa dovrei scrivere? Della tristezza che provo, di quanto ogni canzone un po’ melanconica mi metta le lacrime agli occhi? Perche’ dovrei scrivere quando l’unica, l’unica cosa che vorrei fare sarebbe prendere il mio catorcio e tornare indietro da lei, costi quel che costa di ferry e di benzina. Perche’ dovrei continuare a girare, camminare, parlare e fotografare quando so che starei cento volte meglio li, nell’ostello dove lavora, anche se stessi tutto il giorno a fissare il muro. Il solo pensiero di saperla li vicino, la consapevolezza di poterle cucinare qualcosa, di bere un te’ assieme e parlare prima di andare a dormire, varrebbe qualsiasi pena, lo so.

I miei amici mi conoscono bene e penseranno che tutto sommato, sono uno che si lascia prendere facilmente. Verissimo, sono il primo a dirlo. Ma sono anche il primo critico della situazione, il primo che valuta, il primo che ha dei dati sotto mano con cui poter tirare qualche somma. E la conclusione a cui sono giunto dopo 4 giorni stupendi, un concentrato di emozioni, da una camminata ad un te’ caldo assieme, da un tramonto con gli s’mores ad una passeggiata al chiaro di luna, e’.. e’ che non voglio lasciarla scappare, punto e basta. Purtroppo devo andare, lei deve stare, per un motivo o per l’altro per un po’ andra’ cosi’. Sara’ un periodo lungo – piu’ per me, lo so – ma passera’. Quel che non mi faccio passare e’ lo splendore dei suoi occhi. Quello sara’ la carica nei momenti piu’ tristi. E poi ci rivedremo, ce lo siamo promesso. So cosa vuol dire aspettare mesi per vedere una persona, e sono pronto a rifarlo. Tutto sommato, e’ un po’ una dolce attesa no? E non vedo l’ora di potermi specchiare ancora in quegli occhi che fanno impallidire il lago piu’ bello di questo paese meraviglioso.

 

Stamattina mi trovavo lungo la strada n.6 che da Blenheim porta a Westport (anonima citta’ dove la benzina anziche’ costare meno rispetto agli insignificanti villaggi precedenti, costa di piu’), attorno alle 7 e mezza. Strada deserta, attorniata da vigneti a destra e a sinistra, interrotti qua e la da qualche appezzamento dedito alla pastorizia. Io ho una fame da orsi. Come colazione ho avuto, finora, due barrette ai cereali e cioccolato, attorno alle 5.45 del mattino. La notte e’ trascorsa.. anzi, la notte e’ iniziata il giorno precedente, 2 dicembre, alle 20.30, quando con gli occhi lucidi lasciavo National Park. Ho guidato fino a Bulls dove mi sono fermato al McDonald’s locale per una mezzoretta, tanto per staccare e cenare, svegliarmi un po’. Ho poi ripreso la marcia fino a Wellington dove alle 2 di notte mi imbarcavo sulla ferry e lasciavo North Island. Non mi reggevo in piedi. Ho dormito per appena 3 ore disteso su una poltrona, in un traghetto abbastanza sguarnito di clienti (comprensibile). Durante il breve sonno poi, ho anche fatto a tempo a girarmi e cambiare posizione, sentendo un male terribile al ginocchio. Sembrava che mi avessero cementificato le giunture, non riuscivo a piegare la gamba se non con un dolore pazzesco. Non so piu’ che cazzo farci, l’altro giorno mentre correvo (e sentivo male), ho esclamato “Bastardo, che cazzo hai, ti faro’ guarire a forza di correre!”, ma evidentemente non deve averle prese troppo bene quelle parole. Ad ogni modo, ginocchio a parte, qualcuno alle 5 e mezza ha acceso le luci della nave e mi sono svegliato, e ho mangiato quelle due barrette. Tornando alla strada 6 e alla fame da orsi, ora e’ noto il perche’. Decido di fermarmi nel primo posto utile, una rada stretta, sassosa e melmosa, che ovviamente sfrutto al meglio fermandomi proprio in modo che il primo posto dove metto piede sia una pozzanghera melmosa. Ottimo. Accendo il fornelletto per bollirmi dell’acqua e farmi una specie di cappuccino (ho la polvere magica), e nel frattempo ingollo qualche biscotto. Mischiata la polvere all’acqua bollente, nella scodella si forma una specie di lordura marrone schiumosa. Mentre mescolo, guardo in basso alle pozzanghere melmose: sembrano la stessa, fottuta, identica cosa. La prossima volta caccio la scodella la dentro, le bollo un po’ e vaffanculo.

Per fortuna e’ un bel giorno oggi, e non piove. Probabilmente avrei scelto di ingannare il tempo – ed evitare la tristezza – facendo un bagno tra i cavalloni dell’oceano, quindi va bene che sia sereno e che il mare sia poco mosso. Quando arrivo a Punakaiki, dove voglio tornare allo stupendo YHA dove ero gia’ stato qualche settimana prima, fa caldissimo. Saranno 20-21 gradi eh, ma sembra ce ne siano 35. Faccio due passi a Paparoa NP, sfrutto la connessione finche’ sono al villaggio – in mezzo alla foresta, ovvero dove sto io, non prendi neanche le mosche – e ripiego all’ostello. Troppo, troppo caldo. E poi troppo, troppo sonno, sono stanco. Le gambe risentono ancora della fatica di Mt.Ngauruhoe e del Crossing, gli addominali e i bicipiti sono ancora indolenziti da quel poco di esercizio fatto 2 giorni fa al parco, e il sole scotta sulla pelle. In piu’, la mia macchina sembra stata visitata da una banda di procioni dal casino che c’e’.

Diciamo che ci sono tutte le condizioni per rincasare, farsi una bella doccia, un litro di te’ freddo, e sbrigare qualche faccenda – se riesco a tenere gli occhi aperti.

Nessun commento: