martedì 18 ottobre 2011
Gli indiani avevano le ossa ammaccate!
Io non so come minchia facessero gli indiani a dormire sui tee-pee (le loro tende). O si mettevano quintali di paglia sotto, o dormivano sopra erba alta un metro, oppure giungo alla conclusione che ogni fottuta mattina si alzassero con il corpo devastato dalle ammaccature per i sassi e le pigne sopra cui avevano dormito! C'e' poco da fare. Ed io sono un pirla, perche' dopo la prima notte passata tra un sasso ed una pigna, non ho provveduto a liberarmi di essi e ho passato anche la seconda notte tra una pigna ed un sasso, con in piu' un vento assurdo che soffiava ruggente tra gli alberi. Inutile dire che il riposo non e' stato granche', e mi sveglio alle 5 del mattino con la sensazione di essermi infilato nel sacco a pelo 10 minuti fa'. Non una gran cosa sinceramente. Mi faccio coraggio, faccio un po' di flessioni per riprendere del calore corporeo, e dopo aver indossato qualche altro strato di vestiti esco allo scoperto. Ovviamente e' buio pesto, il cielo brilla solo della luce delle stelle ed io mi muovo solamente con la mia ormai fidatissima pila da campeggio. Oh fa una luce pazzesca! E la comodita' enorme e' che ti lascia la mano libera, grandioso! Un piu' alla pila. Devo smontare la vecchia Wenzy, la tenda. Al buio. Per la prima volta. Vabbe' no ghe vorra' un genio. Inizio a trabattare cercando di fare il minor rumore possibile, perche' il 95% del campeggio sta ancora nel mondo dei sogni (sassosi e pignosi, per chi non e' nel comfort di un maledetto camper o RV, come li chiamano qui, Recreational Vehicles). Stacco i paletti, smonto la baracca e incredibilmente riesco anche a piegarla di modo che stia come deve stare nella sua custodia. Sapete, io e il piegare in genere non parliamo la stessa lingua. Che sia un vestito, una bandiera, un sacco a pelo o una tenda, il risultato e' sempre una merda. Stranamente stavolta mi gira bene, e la vedo come una grande conquista personale. Carico tutto nella mia CuboCar e mi avvio, al buio, verso l'uscita Est. Mentre guido la palla infuocata guadagna la via dell'orizzonte e io scelgo di vederne la comparsa a Grandview Point, sulla strada verso l'uscita dal parco. Arrivo prima che il sole faccia capolino sulle creste del canyon e vedo le pareti tinte di infinite tonalita' di viola illuminarsi piano piano e fare da cornice allo scorrere silenzioso del fiume Colorado. Da est, un bagliore giallo aggiunge altri colori al paesaggio gia' meraviglioso. Come dicevo, ogni giorno, da ogni posto, lo spettacolo e' unico e ne ho una riconferma. Sono emozioni quando finalmente il sole si espone allo sguardo dell'uomo. Mi viene in mente in quegli istanti quel detto "Vivi ogni momento come se fosse l'ultimo", e assaporo fino in fondo quello scenario da favola a cui mi trovo di fronte. Poi, mi sveglio, e vedo che e' tempo di muoversi. La strada di oggi prevede uno spostamento di quasi 500 km, da South Rim a North Rim, che vorrei visitare in un giorno circa. Bisogna mettersi sulla strada presto perche' occorrono circa 6 ore di macchina. Passo tutta la Desert View Rd che avevo guidato ieri, e mi inoltro nel deserto che circonda Grand Canyon. Al mattino sembra un posto quasi idilliaco, con dune macchiate di cespugli verde acceso, cielo con nuvole "a pecorelle" - come si diceva da piccoli - e il sole che ancora non ti ammazza con i suoi raggi. Si guida piacevolmente. Noto il ripetersi ad ogni curva di piccole baracche di legno, con una o due sedie sgangherate, un tavolo e pochi altri ornamenti, con insegne rivolte alla strada del tipo "Navajo Crafts", "Native Art", "Navajo Pottery & Jerks". Oggi e' domenica, ed e' mattina presto (e poi si sa, gli indiani non tendoni ad essere ne' puntuali ne' tanto mattutini) dunque non c'e' nessuno per ora ai banchetti, ma si capisce che abitualmente i nativi passano le giornate al margine delle strade a vendere artigianato locale di piu' o meno buona qualita' oltre a paccottiglia per turisti. La prima cosa che mi viene in mente e' "Che due coglioni, cuocersi al caldo per far su 10-20 dollari al giorno". La seconda cosa che mi viene in mente e' che magari alcuni sono in disuso, magari solo un membro della famiglia lo gestisce, magari e' solo per arrotondare nei weekend. Ad ogni modo, la cosa mi incuriosisce, ed in fondo in fondo, mi impietosisce. Un popolo che fino a 200 anni fa era fiero e glorioso, con le sue tradizioni e la sua propria esistenza, adesso e' costretto a vivere nei buchi piu' caldi e afosi del deserto e vendere robaccia ai turisti contenti di aver finalmente visto "l'indiano". Se ci pensate, e' una cosa veramente triste. Ci fa tristezza un cane ammalato, a noi occidentali. Non ci accorgiamo dei drammi della razza umana, pazzesco. Il deserto invece, piano piano, regala meraviglie. I colori del dopo-alba sono veramente belli, sono tenui, sfumati, ma carichi. E' un piacere guidare con il fido ipod, ascoltando musica country che strimpella banjo e chitarra e narra gli usi della gente di campagna. Arrivato al primo benzinaio, nei pressi di Cameron (AZ), mi rifornisco e guardo davanti ai miei occhi. Si stende un villaggio di boh, un centinaio di abitazioni, che non so perche' esista. Non e' un posto turistico, perche' dista un ora di macchina da GCanyon South e almeno 3 da GCanyon North. Non c'e' nulla di particolare. Non ci sono attivita' lavorative. Mi domando perche' la gente abbia deciso di assembrarsi li'. Non so spiegarmi perche' questa gente viva in trailer homes e prefabbricati, con la porta aperta, 5 macchine scassate, il solito cagnaccio che vaga di fronte alla porta, e le sedie di plastica da siesta pomeridiana. Non so darmi una risposta per tutto cio'. Il dubbio mi avrebbe seguito da Cameron fino alle Vermillion Cliffs, primo stop lungo la strada di un certo livello d'interesse, ma intanto devo narrarvi di un posto che mi ha colpito favorevolmente. A Cameron, posto sperduto nel deserto, trovo un motel che mi delizia. E' il Cameron Trading Post, gestito da Navajo, che incorpora un motel, un ristorante per i 3 pasti del giorno, un negozio di souvenir ed un ufficio postale. Praticamente tutto quel che serve al turista disperso nel deserto! Mi fermo per colazione, ho un buco nello stomaco che mi fa camminare piegato a pigreco mezzi, e mi siedo carico di aspettative. Intanto ordino una cioccolata calda, non so perche'. Forse avevo voglia di cioccolato. Poi, dal menu tiro fuori l'asso: Country Fried Steak with gravy, 2 eggs and hash browns. (in originale suona da Dio. Altrimenti, bistecca fritta - una specie di cordon bleu - con salsa gravy, patate alla piastra e 2 uova in camicia) O, una roba fenomenale. La carne mi piace abbomba, poi il gravy ti fa compiangere di non poterlo bere al posto del latte, e le uova e le patate si fondono bene tra il pane del toast. La cioccolata rende questi pensieri ancora piu' dolci. E io sono un maiale. Dopo essermi rimpinzato anche di caffelatte, mi alzo da tavola satollo e pronto ad affrontare la giornata P.C. - ovvero Post Colazione, lo spartiacqua delle mie giornate vacanziere. Riprendo la mia guida e riprendo ad ammirare con tristezza la distesa di capanne, casupole, trailers che si assecondano ai piedi delle rosse colline del Nord dell'Arizona. Sono tutti indiani. Un vecchio Navajo con un enorme cappello da cowboy si avvia con passo lentissimo a gettare la spazzatura in un bidone che non vedo nell'arco di miglia. Continuo dritto, devio solo dopo molte miglia. Ormai, lo dice il cartello, entro nella riserva Navajo, la riserva piu' grande degli USA e una delle piu' povere. La riserva che contiene l'unico punto geografico degli USA in cui 4 stati confinano. Forte eh? E si fanno pagare 3$ per entrare in questo punto. Che storie, chissa' chi sono i cretini che ci vanno. Insomma, dopo la classica foto al cartello "Entering X Indian Reservation" che sono uso a fare, faccio una stroll (passeggiata) fino al ponte sul Colorado. Che panorama. Le Vermillion Cliffs davanti, il deserto attorno, il canyon di un colore tra l'ocra e il grigiastro, ed il fiume verde platino in basso. La maestria della natura non ha limiti. Mi dispiace lasciare un si' bel vedere ma devo percorrere altre miglia. Passo Cliffs Dwellers, un minuscolo insediamento arroccato ai piedi delle colline per tutto l'anno - ed e' il solito villaggio sperduto nel nulla senza alcuna citta' a portata di mano. E mi viene in mente il libro che ho letto, Coyote Nowhere, e la classica America delle praterie, le distese infinite e la gente contenta di vivere nel nulla, a contatto con la natura, con i coyote come compagni di giornata. L'America in cui viaggio solitamente. Galoppo su per le alture, passo interminabili stop per lavori in corso dove conosco la gente che mi dice "STOP" oppure "GO AHEAD", e finalmente il paesaggio cambia come mi aspettavo, come avevo letto da qualsiasi guida parli di Grand Canyon. Inizio a guidare tra verdi foreste, che a tratti pero' piu' che verdi sembrano nere, residuo di incendi piu' o meno controllati di chissa' quanti anni fa. Al solito pero', le nuove generazioni sono gia' alla porta, e giovani alberi si fanno strada fra le ceneri di quelli ormai passati a miglior vita. La dura roccia inizia a farsi strada, ed il paesaggio mi ricorda vagamente le Rockies canadesi (e sono gran bei ricordi quelli!). Con il clima che sembra variare in continuazione, dove cumuli minacciosi di nubi lasciano presto spazio ad un sole potente, entro nella vallata che fa da imbuto prima dell'inizio del parco. Una vallata che mi ricorda, stavolta, Hayden Valley nel parco di Yellowstone (e anche li son fior di ricordi. Voi tutti che leggete, se potrete, andate a Yellowstone, ve lo consiglio di cuore). I boschi si aprono solo ai lati della valle, che ora e' sfibrata dal correre delle stagioni e sfoggia solo erba ingiallita o di un verde sbiadito. Scorgo un coyote che, con passi felpati, si appresta alla tana di un roditore per poi usare la classica tattica del salto per cogliere di sorpresa la sua preda e ghermirla fra le sue fauci. Non ho una cattiva vista, per quanto riguarda gli avvistamenti di animali! Infine passo le porte del parco e subito dopo giro a sinistra ed imbocco la Cape Royal Road, un nome che piu' di Grand Canyon mi ricorda un covo di pirati all' Isola di Tortuga ma fa lo stesso. Guido immerso in foreste che stanno virando verso un giallo intenso, abbagliante, che contrasta incredibilmente con il colore dei sempreverdi e dei fusti di alberi inceneriti, ex alberi. Mi fermo un po' a tutti i viewpoint, che come ho gia' avuto modo di dire possono esser visti come tutti uguali, ma che cosi' davvero non sono. Ogni punto regala emozioni diverse. Una macchia di verde in piu', una cresta maestosa, un ponte nel vuoto, il fiume che scorre selvaggio. Mi godo ogni momento, degusto ogni passo della camminata verso Cape Royal Point, che e' grandioso, con un torrione alberato che si erge ad ovest ed il fiume in basso ad un canyon che dal rosso del fondo sale e diviene giallo oro. La gente regala solo commenti estasiati, e si congratula con la natura per lo spettacolo offerto. Qui non c'e' parere discorde, non c'e' fazione, la gente e' tutta amica e unita nel ringraziare chi o cosa e' l'artefice di tutta la meastria esibita. Ed e' una sensazione che, per i tempi che corrono e per il mondo in cui viviamo, credetemi risulta appagante. Tornare al villaggio dopo aver scattato plenty of pictures, un sacco di foto, e lasciando un posto cosi' incantato e' difficile, ma bisogna perche' la stanchezza incombe e bisogna ancora sbrigare le faccende da campeggio. Registrarsi, prendere la piazzola, erigere la tenda, procurarsi del cibo. Arrivo nel piccolo villaggio di North Rim (nome piuttosto originale a quanto pare) e faccio presto a guadagnare la via della piazzola. Carina, alla fine del campeggio, circondata da qualche altra tenda - ti da un senso di sicurezza questo! - ma non affollato. Il suolo e' duro come il cemento armato anche se liscio come il culo di un bambino, anche se avrei preferito un suolo morbido come il culo di un bambino e liscio come il culo di un vecchiotto, ma fa niente. Pianto la tenda, stavolta con un tarp sotto per cercare quell'1% in piu' di comodita', e prego per una notte con del comfort aggiuntivo. Dopo essermi cambiato un attimino mi reco in villaggio, che giro in circa 2 minuti: lodge, centro visitatori, bar, gift shop, paninaro. Stop. Anything more. No mas. Capisco che non e' il posto per chissa' quali serate e ammazzo il tempo facendo amicizia con una mamma inglese che, finalmente, alla fine mi presenta anche sua figa, eeh scusate, volevo dire sua figlia (l'errore ovviamente dettato dal fatto che la figlia in questione e' piuttosto carina). Ci salutiamo dopo un po' perche' sfortunatamente ha gia' la serata occupata da una riunione del suo gruppo di viaggio, a quanto pare un cargo di cittadini inglesi che girano per il SudOvest, ed io me ne vado sulla cime di una piccola altura con la mia fida macchinetta fotografica pronto a godermi il tramonto e a prendere qualche bello scatto. Unica variante non calcolata, il vento che sull'altura si sente il doppio. Dalla felpa si alza il cappuccio e dalla tasca esce il berretto che finisce dritto sulla mia testa. Il prezzo pagato in termini di freddo non e' nemmeno un centesimo di quello riavuto in termini di spettacolarita' del tramonto. Il paesaggio da Bright Angel Point e' gia' ammirevole di suo, ma con quel tramonto, che io vedo come un regalo di ARRIVEDERCI che il canyon mi fa, sembra paradiso. Non so, una di quelle visioni che ti fai in testa quando pensi a qualcosa di estremamente magico, dolce ma anche duro, impressionante, toccante. Se penso a quanto imprechero' per i soldi spesi, so gia' con certezza che comunque non saranno mai cosi' tanti quanto grande e' la mia felicita' in momenti come questi. E' impagabile, e penso a tutta la gente che pur di non spendere i soldi rinuncia a cose del genere. Questa e' una cosa che basta volere, non e' una cosa che solo chi e' ricco puo' fare. Volere e' potere dicono, e io cazzo se lo voglio, cazzo se ci vado. E' in momenti come questi sono fiero delle scelte che faccio e di come investo il mio tempo. Carico di emozioni scendo dal mio trono di pietra e cammino verso il paninaro, perche' non voglio fare il signorotto con i signorotti e cenare all'affollata lodge. Mi dico "Sara' un'altra serata di cibo di merda", ma mi smentisco. Ordino un sandwich con BBQ chicken breast pensando di mangiare schifezze. Invece, mi gusto il panino piu' succulento da un bel pezzo a questa parte. Il pollo sfilacciato si sposa benissimo con la salsa bbq offerta, e si scioglie in bocca. Altri momenti in cui mi godo i soldi spesi hah, no doubts. Altri momenti in cui penso che se continuero' a pensarla cosi', diventero' un ciccione. Ah. Col cuore colmo di felicita' pennuta torno al campeggio, alla mia tenda, al mio lavarsi i denti vagando per il campeggio verso i bagni con lo spazzolino in bocca e le infradito ai piedi. Sembro ancora uno in vacanza a Isola Verde mentre gli altri son campeggiatori di montagna. Mi distinguo dalla folla. Rientro in tenda e prego per una notte piu' morbida, come sempre. Dio solo sa quanto rimpiangero' un materasso.
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