giovedì 20 ottobre 2011
Il giorno piu' bello (pt.1)
A volte capita che un giorno iniziato male finisca per essere quello di cui ci ricorderemo piu' a lungo. E' quello che mi capita oggi, lunedi' 26 settembre, giorno che inizio imprecando contro il terreno e la mia scelta di non comprare un materassino e che finisco in compagnia di un nuovo, grande amico con cui passo una stupenda serata. Avete presente l'arcobaleno dopo un temporale? Ecco, una cosa del genere. Mi alzo in piedi alle 5.20 stanco di dormire su una lastra piana, dura e per giunta (mi sembra) in leggerissima pendenza, cosa che mi da anche la sensazione di avere il sangue in continuo afflusso verso il cervello. Bah, staro' delirando. Mentre inveisco contro ignoti, o come si fa di solito, contro le divinita' in cui non si crede - i soliti Buddha cane, Allah ladro, porco Ganesh - smonto la tenda e penso SERIAMENTE di non passare una singola ulteriore notte in campeggio. Penso anche che la prossima volta spendero' sti 10$ e comprero' anche una stuoia che mi garantira' un po' di morbidezza in piu'. Per il momento comunque, di campeggiare anche a Zion non se ne parla, con le ossa malandate e le notti passate a rigirarsi al freddo, ho chiuso. In 15 minuti nell'oscurita' smonto la tenda - ormai sono un navigato campeggiatore, dovete sapere - e corro ad assistere all'ultima alba a Grand Canyon, a Birght Angel Point. In realta' stavolta non mi lascia cosi' meravigliato, forse perche' avvezzo alle prodezza dei giorni scorsi o forse perche' la luce non era un granche', dal punto in cui sorgeva. Fattosta' che il vento e la scarsa qualita' delle foto scattate mi spingono ad abbandonare presto il luogo, ringraziando il posto per i magici giorni offerti e dando un caloroso ARRIVEDERCI a Grand Canyon. Mi tornano in mente le parole di una coppia di giovani americani incontrati nel parco di Killarney, durante il mio viaggio in Irlanda. Parlammo di questo viaggio, di cos'avrei visto. E proposito di questo posto mi dissero "Grand Canyon, you'll never forget about it", non te lo dimenticherai mai. Credo proprio sara' cosi', ragazzi. Fiero di esser stato in uno dei posti piu' belli del nostro pianeta, varco le porte d'uscita del parco nazionale, diretto come ultima meta a Page, cittadina del desertico nord dell'Arizona. Uscendo dalla valle vedo un altro coyote, che tento anche di fotografare facendo pero' scappare il timoroso canide non appenna fermo la macchina al lato della strada. E' il terzo coyote in 4 giorni, ho un buon occhio per tal bestia! Qualche goccia di pioggia bagna il mio cristallo mentre torno verso il deserto ma cio' non mi preoccupa, e la musica mi accompagna fino indietro alle Vermillion Cliffs. Mi fermo un attimo lungo una strada che attraversa, sembra senza fine, la steppa semiarida che circonda le Cliffs, in un Historical Marker che ricorda la spedizione di tali Dominguez e Escalante del 1776. Il posto e', manco a dirlo, deserto anche dal punto di vista umano, il cielo e' azzurro e costellato da svariate innocenti nuvolette bianche, ed il sole inizia a scaldare il mio corpo, che libero da diversi strati di felpe e maglie lunghe. Dopo le classiche foto di rito - ci sono dei fiorellini che fanno da bella cornice sullo sfondo delle Vermillion Cliffs - rimango in pantaloncini corti e canottiera a gustarmi una banana seduto sul bagagliaio aperto della mia macchina. Non so perche', forse per il clima piacevole, l'assenza di gente, il mio umore, e' un momento appagante. Da l'idea di vacanza, di non aver preoccupazioni, fretta, timori. Semplicemente, mi scaldo al sole in un posto che pochi frequentano, sorseggio un po' d'acqua e riempio lo stomaco. Soddisfare le basilari necessita' umane a volte significa puro piacere, e per me adesso e' cosi'. Ho il morale al massimo quando mi faccio la prima foto del viaggio, un autoscatto per celebrare non tanto il posto o per testimoniare la mia presenza li', quanto il ricordo di quegli attimi felici e spensierati. Unica cosa: lascio la cartina geografica sopra il tettuccio e quanto riparto, sento un tonfo cartaceo dietro di me, fermo la macchina e corro a riprendere la carta che stava venendo trascinata via dalla brezza. Ops, cose che capitano! Riprendo la mia marcia e passo di nuovo per i centri di Cliffs Dwellers e Marble Canyon, di cui gia' ieri immaginavo la noiosita' ma anche la bellezza di una vita trascorsa tutto l'anno in loco, passo il Colorado, e riprendo la strada. Faccio una foto al deserto di un color ocra intenso, a tratti tendente all'arancione, macchiato di qualche bianca casetta di qualche deviato essere umano. I Navajo intanto assiepano le curve della strada con le loro bancarelle per turisti. E' lunedi', e sono quasi le nove. Nei pressi di Page sorge possente un'ansa del Colorado che viene chiamata, per la sua esplicita conformazione a ferro di cavallo, Horseshoe Bend (non che sia l'unica eh, anche lo scorso anno a Canyonlands mi capito' di vedere piu' di una Horseshoe bend ed una chiamata anche con tal nome). Questa pero' e' particolarmente scenica, soprattutto all'alba, ed offre dei colori stupendi che uniti alla vista veramente ampia - la si osserva dal ciglio del canyon - rendono il posto molto appetibile da fotografi e semplici turisti. La si raggiunge da un parcheggio che devia per poche centinaia di metri dalla strada che entra a Page. In 10 minuti di camminata veloce in mezzo ad un sentiero sabbioso sono sul posto. In effetti, ti lascia colpito. E' la grandezza in se' che colpisce, anche se non si percepiscono le dimensioni reali. Si deve solo fare affidamento su altri segni noti, tipo un barcone che viaggia sul fondo del fiume. Un puntino minuscolo trascinato dalla corrente. La cosa impressiona, come il colore delle pareti piegate e formate dall'erosione del possente Colorado e dal vento anche. Nonostante la bellezza del posto, non posso perderci ore, perche' la giornata e' appena iniziata e le cose da fare sono veramente tante. Sto scoprendo l'utilita' di avere un orologio al polso. Di piu', sto scoprendo quanto (per ora) riesca a stare nei tempi prefissati. Un voto piu' a Manu per la logistica. Inoltrandomi in citta', che non e' molto grande di per se', se escludiamo la periferia e i sobborghi, scopro dell'esistenza di un Denny's ed invariabilmente mi dirigo li' per espletare la colazione. Sono le 10.50 del mattino, e piu' che colazione questo e' un brunch, ma dalle 5 e 20 nel mio stomaco e' entrata solo una banana, quindi muoio dalla voglia di mettere qualcosa sotto i denti. In America funziona che ovunque tu vada a mangiare tu ti fermi all'entrata e aspetti che un cameriere ti accolga col sorriso, ti chieda in quanti siete e ti faccia accomodare al tavolo. Infatti, all'entrata del 99% dei posti dove si mangia troverete sempre un cartello che recita "Wait here to be seated". That's how it works. Vengo accomodato in un tavolino al margine della sala e posso sfogare le mie bizzarrie alimentari. Oggi son deciso a prendere la COLAZIONE DEL VIAGGIO, e col senno di poi forse ci siamo, quindi ordino: degli strawberry pancackes puppies with cream cheese (solo 2$ x 5 frittelliniiii!!!), e un sandwich (toast) con hamburger (la carne tipo svizzera intendo), Mac&Cheese, melted cheddar & Frisco sauce, con contorno di patate fritte e da bere un paio di mix di beveroni semi-frizzanti ai frutti (che mi hanno deluso, non li prendero' piu'!). Arrivato tutto questo ben di Dio sul tavolo, ho le bave alla bocca. Dubbioso sulla bonta' del Mac&Cheese - che sono fusilli al formaggio fuso che loro consumano ampiamente ma chiamano Mac, Maccheroni in pratica - azzanno il toast che si rivela bombastico. La formaggiosita' totale e' pari a mille ed il gusto e' indescrivibile. Il tutto si scioglie in bocca e regala un raro piacere. Non parliamo poi dei puppies: sono delle specie di frittelle con leggero gusto di fragola, che pero' diventano insuperabili con la crema al formaggio sopra. Veramente, puro godimento. Mi sembra di essere Homer Simpson che balla al ritmo di quella musichetta stupida nel paese del cioccolato, mangiucchiando pali della luce e inermi cagnolini. Divino. Faccio una colazione/pranzo fenomenale per 10$ in cibo e 2.29$ in bevande. Ditemi dove trovare un posto cosi' in Italia. Risposta: NON ESISTE CAZZO! Esco dal locale grato al fondatore di Denny's e satollo di cibo. Mi sento un pellicano col becco pieno di pesci. Ah, il Mac&Cheese non e' affatto male!! Ripieno di bonta' casearia mi avvio verso un sacco di commissioni. Faccio tappa all'ufficio postale come un normale cittadino americano. Devo ritirare l'unica maglietta che ESPN.com non e' riuscita a recapitarmi al motel6. Entro, e subito mi spavento per una coda di 8-9 persone, piu' altre 2-3 che stanno compilando moduli davanti di me. L'ufficio postale ha 2 cassieri, un sacco di cassette postali date in affitto alla clientela e che sembrano montate da 2 giorni (nuovissime) e infine, un bancone al centro della stanza principale con ogni modulo di cui il cittadino possa aver bisogno, penne e spiegazioni su come compilare i moduli. In questo modo, ogni persona, anche il piu' invornito, puo' essere autonomo e non rompe i sacrosanti coglioni ai cassieri, creando le code chilometriche che si formano in Italia. No, non qui. La coda che mi aveva spaventato si dissolve in.. in.. non riesco a dirlo, abituato all'Italia.. in 2 minuti d'orologio!! La gente qui viene, lascia una busta, ritira un pacco, spedisce una scatola, fa dei pagamenti, tutto in un minuto-due al massimo! E' UN-B-LIVABLE! (come amano dire qui, unbelievable) Arriva il mio turno e senza alcuna complicazione, alcun patema, ma con un semplice ID ricevo il mio pacco e tanti sorrisi dal cassiere. Che nobilta'. Che celerita'. Fanculo a Poste Italiane e al mio paese che in casi come questo e' l'ultimo posto dove vorrei fosse situato l'aeroporto del volo di ritorno. Ah, shit. Contento per il poco tempo impiegato e scontento pensando a quando la prossima volta rimpiangero' questi momenti in un ufficio postale italiano, risalgo in macchina e decido di prenotare la mia visita per Antelope Canyon, in un business gestito da indiani Navajo. La fissano per l' 1.30 PM. Nel frattempo decido di far su anche le magliette NFL arrivate al motel e con questo ogni ordine fatto ha trovato puntuale riscontro. Amo questo sistema: compri on-line, carta di credito o al massimo PayPal, e la roba ti arriva dritta dove dici, in giro per l'America intera, in pochi giorni. Fantastic. Decido poi di perdere un po' di tempo al Wal-Mart. E' un posto dove hai big chances per farlo. Nel senso che ogni Wal-Mart e' immenso. Quando ci metto piede, mi viene in mente quella puntata dei Simpson in cui la famiglia va al Mostro-Mart. E alla fine e' cosi', i supermercati USA sono immensi come immensa e' la quantita' e la varieta' di prodotti che vi ci puoi trovare. Non solo cibo ovviamente, anzi, ben altro. Pulizia personale, arredamento casa, abbigliamento, accessori ufficio, elettronica, sport, hobbistica di ogni tipo. E' un "cercaquelchetiservetantodaqualchepartecideveessere" che non delude nessuno (Ah, teorema di Manu punto 7 comma 32: ogni cosa mostrata dai Simpson sull'America e' vera in qualche percentuale, spesso superiore all'80%). Inizio quindi a peregrinare per gli infiniti corridoi del Mart per prendere essenzialmente due cose: un lucchetto per chiudere in qualche modo la mia nuova valigia, che oltre ad una zip non ha assolutamente nulla, ed una carriola di chewingum alla menta della marca Winterfresh, odorosi e profumati che anche un raffreddato che ha appena impestato la camera di scorregge li sentirebbe. Son buonissimi! Era da un anno che li aspettavo! Mi munisco dei sopra elencati oggetti e poi la mia attenzione cade sugli oggetti piu' strani trovati all'interno del Mart. Ricordo un intero reparto dedicato ai fucili da caccia. Ma la cosa che ho segnato sul diario sono.. si, i pesci per l'acquario! Ci sono almeno una dozzina di acquari con pesci tropicali e non, di cui la clientela puo' servirsi e pagare tranquillamente alla cassa. Incredibile, I love this country. E colto dallo spirito patriottico che Wal-Mart mi ispira, compro una nuova bandiera americana 2 metri x 1. Ah, e anche un paio di quei "braccialetti" elastici che i giocatori di football portano alle braccia. Ho scoperto cosa sono: fermano il sudore ascellare al punto dove vengono posti! Geniale haha! Siccome costano 2$ e sono della Riddell, ne metto un paio in lista. Vago stupito per altri 5 minuti e poi esco a pagare. La commessa ride alla mia spiegazione del perche' acquisto cosi' tanti chewingum, e mi augura una buona giornata. Dovrebbe esserlo, perche' ho in programma Antelope Canyon, un bagno a Lake Powell, una doccia da paura e il tramonto ad Horseshoe Bend. Sono gia' sveglio da un bel pezzo eppure ho ancora una marea di cose da fare. E' questa una delle cose che piu' mi intrigano dei miei viaggi. Giorni full, no rest, sempre in movimento. Vivere la vita ad ogni secondo. Qualche secondo dopo sono in macchina ed assisto ad una prodezza. Vedo un camion che trasporta cosa..? UNA NAVE CAZZUTA! Non una bagnarola da pescare a Sottomarina, ma un traghetto del tipo Costa Crociere! In strada!! Una cosa da film, sara' perche' da padovano poco abituato all'ambiente salmastro non ho mai assistito a cose del genere, o semplicemente, sara' che la cosa e' abbastanza improbabile. Fattosta' che guardo la scena con ammirazione. Minuti dopo sono in parcheggio di fronte al business dei Navajo e monto a bordo del loro mezzo, una specie di macchina/furgone semiscoperto sul retro dove i passeggeri possono star seduti come in autobus, ma su sedili attaccati schiena contro schiena, al centro del mezzo. Le ruote sono enormi per poter guadare i mari di sabbia presenti sulla strada per il canyon. Pensavo io, di esser relativamente vicino. In realta', bisogna affrontare un viaggio di 20 minuti in cui per 10 di essi si mangia sabbia e si viene accecati dalla polvere. Non e' particolarmente gradevole, anche perche' son preoccupato per la salute della mia reflex, tra sbalzi del mezzo e sabbia infiltrata nell'obiettivo. L'unica cosa che mi fa un po' ammazzare il tempo e' la conoscenza di una coppia di olandesi di Utrecht, con cui parliamo di varie cose e che mi consigliano di visitare Amsterdam e anche la loro citta'. Grazie del consiglio ragazzi, ma per ora ho decisamente altri obiettivi! Arrivati ad Antelope Canyon, iniziamo il tour. Vedo che il posto non e' cosi' deserto come le foto fanno pensare. Ci sono gruppi di tour guidati che escono in continuazione. L'interno del canyon e' piu' affollato di un negozio di H&M. Fare una foto (io poi, senza cavalletto, un'impresa) diventa una questione d'equilibrio e di tempismo. Cos'e' pero' il posto che sto visitando? Ebbene, e' un canyon secco, sabbioso sul fondo, profondo una trentina di metri in media, che viene periodicamente allagato da piene dovute a precipitazioni a monte del canyon stesso. Esso si trova circa 5 miglia ad ovest di Page, AZ, e per raggiungerlo bisogna montare sui mezzi speciali che prima vi ho descritto, perche' la strada si snoda attraverso lunghi deserti sabbiosi che non lascerebbero scampo ad una normale automobile. Come in South Dakota d'inverno durante un blizzard, saresti fottuto. Il canyon e' famoso per l'atmosfera irreale creata dal gioco di luci ed ombre che si realizza quando il sole manda i suoi raggi piu' perpendicolari verso il fondo. Innumerevoli fotografie sono reperibili in internet, e si vedono sfumature rosse, arancioni, nere che tingono le affusolate pareti del canyon, ed i raggi del sole che penetrano con una consistenza quasi palpabile fino a raggiungere la sabbia sottostante. Un posto che dici "Devo andare a vedere!". Ci vado, ci sono, ma non mi sembra cosi' magico come le foto fanno sembrare. La folla, in primis. I colori, poi. Sara' che, ci raccontano, per fare le foto migliori necessiti della luce ideale, di assenza di gente, di un cavalletto (che ho a casa!) e di qualche trucco. Tipo, gettare una manciata di sabbia in aria prima di scattare, di modo da evidenziare il raggio di sole e creare l'effetto "consistenza". Ingegnoso, ma furfantesco. Io non voglio falsare cosi' la realta'. E qui come in altri casi, e' vero che la fotografia non sempre rispecchia quel che veramente stiamo vedendo. Quando non e' cosi', forse e' anche un male. Forse. Passati i tormenti artistici, che liquido dicendo a me stesso di fare il possibile ed accontentarmi, continuo la visita. La nostra simpatica guida indiana spiega ogni roccia, ogni sporgenza, con nomi di cose o persone. Questa roccia sarebbe il naso di Roosevelt, quell'altra un cavallo imbizzarrito, quell'altra ancora la faccia di un capo indiano. Molte sono verosimili, altre mi sembrano tirate fuori dalla fantasia di qualche bontempone. I turisti dovranno pur essere intrattenuti in qualche modo! E la nostra guida lo fa bene! Dice sempre, ogni cazzo di minuto, la frase "Take a picture" che pronuncia con un inglese piuttosto divertente che la fa suonare come "Teica picciur" o qualcosa del genere! Fa morire dal ridere! Chiede a tutti la macchina fotografica, a turno, e scatta una foto per loro, di modo da far individuare la roccia o la sfumatura di cui parla. La cosa tocca anche a me, ma quando vedo le mani sudicie avvicinarsi alla mia reflex, declino gentilmente l'offerta dicendo che avevo gia' fotografato discretamente il soggetto. Meschino, ma giustificabile. Finito il giro, avanti e indietro, per l'ora pagata, rientro nel mezzo. Penso ad una cosa: le foto illusorie viste in internet sono sbagliate. Illudono appunto la gente che le guarda e si aspetta di vedere quello. Ma non e' cosi'. E puo' capitare che il pezzente che non se la cava cosi' tanto bene con la fotografia, rimanga deluso da cio' che ha visto e fotografato. Un meno a chi illude la gente cosi', fotografi fantasia.
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