domenica 30 ottobre 2011

Terra da brividi

Quando si dice essere precisi come un orologio svizzero. Eccolo qua! Ne sono un perfetto esempio in questi giorni. Stamattina ad esempio, pressato da esigenze logistiche, mi desto dal sonno alle 6. In due secondi faccio un rapido short-planning: devo lasciare il motel al massimo per le 6.41, di modo da prendere la prima navetta per il parco – alle 7 – ed iniziare a camminare la Observation Point trail alle 7.30. In questo modo potro’ evitare il caldo assassino del giorno prima e guadagnare la vetta con maggior facilita’ e senza un continuo via vai di escursionisti a rovinare le mie vedute sul canyon. Detto, fatto. Faccio armi e soprattutto bagagli ed esco dal motel alle 6.41, +1 minuto. Prendo la prima navetta come previsto alle 7.02, +2 minuti. Durante il breve viaggio mi assale una stanchezza atroce. Fuori e’ ancora parecchio buio, si vede ancora qualche stella e gli alberi coprono quel poco di chiarore che c’e’. Ho una mezza tentazione non del tutto soffocata di fare un sonnellino rimanendo seduto sulla navetta fino alla fine del percorso, ritorno compreso. Ma vinco stoicamente la mia quotidiana battaglia con il sonno e un po’ rimbambito smonto dal bus. Con pochi passi supero il ponte e sono all’inizio della trail. Ore 7.30 spaccate. Mi stringo la mano compiaciuto. Mi sento un abile organizzatore,con una svelta ma precisa capacita’ di calcolo. Pfff, non farmi ridere ragazzo! Senza tirarsela, credo di aver fatto le cose per bene finora, sul serio. Nulla e’ andato cosi’ storto e anzi, le tempistiche son state sempre rispettate. Grandioso. Anche se, dopo queste parole, mi aspetto disastri di ogni fattezza. Amen. Avvolto ancora da tenui tenebre, mi avvio di buon passo su per la trail. Il vento spira con un certo grado di fastidiosita’, essendo il sottoscritto gia’ in maniche corte per l’escursione. Ovviamente, non una persona nel mio raggio visivo. E questo e’ bene! (citando il cinese del congurt nella puntata dei Simpson in cui c’e’ il pupazzo Krusty maligno) Ma, attenzione, questo e’ anche territorio di Mountain Lions, quindi camminare all’alba da soli in una delle piste meno battute, non ispira cosi’ tanta sicurezza. Fa niente, proseguiamo. Incontro solo una famigliola con un paio di bambine di circa 7-8 anni che sale. Devono esser partiti ancor prima di me, questi scraniati, e se sono diretti in cima, auguro ai loro bambini tanta fortuna, mentre ai loro genitori uno scagotto fulminante per aver avuto la malsana idea di costringere dei bambini a salire un sentiero del genere. Vili. Li supero e tenendo un buon passo mi inoltro per la pista. Passo attraverso Echo Canyon, un posto che definirei spettrale per l’atmosfera sinistra del luogo (da agguato di puma anche), ma decisamente bello. All’uscita della gola poi incontro un’altra coppia (a che cazzo di ora son partiti questi per essere gia’ qui alle prime luci dell’alba?!) la cui signora mi dice di ricordarsi di me per il cappello, che ha visto indossare anche ieri da me ad Angel’s Landing. Faccio troppo tendenza, col mio capeo di paglia! Un po’ di sudore dopo (in metri, direi 8-900) mi espongo al sole nascente. Il paesaggio cambia perche’ non do piu’ il fronte al canyon ma all’outside canyon, per cui a foreste un po’ rarefatte e valloni scoscesi illuminati ad un colore giallo intenso dall’alba. Finalmente mi scaldo un pochino, ho le mani perennemente fredde ma quello fa parte di me. Mi scaldo solo dopo un bel po’ di movimento. Col sole valido alleato (per ora) salgo lanciato e praticamente non bevo, riflettendo sulla mia affinita’ con i cammelli in questa situazione. Cammina cammina, arrivo alla cima, da solo, intrepido. Sono il primo, alle 8.45 del mattino, a raggiungere il belvedere di Observation Point e a piantare simbolicamente la MIA bandiera sul posto. Niente bandiere italiane, solo una con scritto il mio nome, stop. Orgoglioso di questa piccola impresa, guardo con soddisfazione il marker del National Park Service (NPS) che indica il punto. E multa di 1000$ chiunque si macchi del crimine di sfregiare il marker. Certo, un sacco di gente pattuglia il posto per cogliere la gente in flagrante. Che sono scemi?! Io intanto mi accomodo sullo sperone di roccia piu’ esposto sul precipizio, con lo sguardo verso Sud, verso l’inizio della vallata del parco e tutti i deserti retrostanti. Piglio una banana e un paio di barrette, e divoro il mio spuntino con gli occhi su una vista meravigliosa. Sono alcuni tra i momenti migliori di un viaggio questi: da soli, stanchi ma felici, a rifocillarsi nel mezzo della natura selvaggia, con una vista che non tutte le persone possono vantarsi d’aver gustato. Indescrivibile. Da quassu’ la cima di Angel’s Landing sembra una montagnola come le altre. Tutto sembra piu’ basso. La valle sembra ancora immersa nell’oscurita’, mentre le sue pareti rocciose si tingono di giallo. E’ bello spingere lo sguardo sempre piu’ in la’ sull’orizzonte, in cerca di nuove catene montuose, nuovi deserti, nuovi segni di civilta’. Qui lo sguardo e’ libero di spaziare ovunque, magnifico. Non vorrei staccarmi mai da questo senso di liberta’, di freschezza, di gioia. L’aria e’ frizzante e piacevole, non ci sono rumori che rovinano tutto, non c’e’ gente che ciarla. C’e’ solo un maledetto chipmunck che si avvicina furtivo al mio zaino in cerca di cibo, e devo cacciarlo tirandogli delle pietre. Anzi, gli butto la buccia della banana giu’ per il precipizio, e lo stolto la insegue di corsa! Haha, credulone, ti ho giocato! La barretta ce l’ho ancora io! Be’, devo andare. Non mi piace perdere tempo, anche se il tempo investito ad ammirare cotanta meraviglia non e’ mai da considerarsi perso. Scatto un bel po’ di foto, rimetto lo zaino in spalla, e dicendomi “un giorno tornero’ quassu’”, mi rimetto in marcia. Incontro dopo 5 minuti di cammino la coppia di Echo Canyon, e gli dico, stavolta sono io a dirlo, “You’re almost there!”. Mano a mano che scendo incontro altri, sparuti camminatori. Tutti, affaticati, mi chiedono quanto manca. Io sogghigno, sapendo che A LORO costera’ una fatica bestia, e gli dico quanto manca. So che arriveranno lassu’ con un caldo becco e imprecando! Io invece balzello nella parte ombreggiata della trail e scendo con la lestezza di uno stambecco. Inizio addirittura a correre, mi sento in forma. Arrivo alla fine, e guardo l’orologio ancora una volta. Ho terminato i 12,8 km del sentiero in 2 ore nette di cammino. Bestiale, veramente un ottimo ritmo. Mi sto rendendo conto in questi giorni – ancora non per tirarmela, ma e’ un dato di fatto – di due cose. La prima, e’ che pochi reggono il mio ritmo, lungo la pista. Tenendo conto anche della camminata di ieri, mediamente finisco le piste nel 40% del tempo indicato dalle guide. Supero una masnada di gente, ma praticamente nessuno supera me. Buon segno, vuol dire che posso ancora dire la mia! Seconda cosa, il mio spirito competitivo. Ricordo le parole dell’amico Fabio in pizzeria, nel tentativo di mangiare piu’ pizze possibili in un evento all-you-can-eat. Alla mia domanda posta al cameriere in merito al se esistesse o meno un record, l’amico commentava “Sto qua se no ga un record o qualcossa da battere no se contento”. Ed e’ proprio li’ il punto. Non so, un motivo potrebbe essere la full-immersion di Dragon Ball (di Kaaroth come preferisco chiamarlo io) a cui mi sono sottoposto dai 12 ai 20 anni credo. Dragon Ball, ma anche Rocky, ad esempio. Goku e Rocky, se ci pensate, sono due personaggi che per quanto immaginari, portano dei messaggi. Uno di questi e’ quello del tenersi sempre “sul pezzo”, sempre pronti per una nuova sfida, non adagiandosi mai sugli allori ma continuando a migliorarsi con la fatica ed il sudore. Anche senza il sudore e lo sforzo fisico, nella vita credo si debba fare cosi’. Credo sia da stupidi conquistare qualcosa, e fermarsi li’. Godersi quel momento, e vivere di ricordi. No, non fa per me. A me piace vincere, piace avanzare sempre di un gradino in piu’, e per farlo bisogna fare sacrifici, bisgna sudare, bisogna allenarsi. E funziona cosi’ in tutti i campi della nostra vita, anche se non c’e’ da sudare con la fronte e da far faticare i muscoli. In questo caso pero’ e’ cosi’, e il trovarmi in sentieri sempre piu’ lunghi, inerpicati, difficili, mi stimola. Chiaramente, accetto sfide nei limiti del possibile, perche’ non sto parlando di imprese sportive. Come nemmeno ho compiuto imprese nella mia vita. Ma cerco di lavorarci su, cerco di tenermi sempre li’, all’erta. Questa e’ la filosofia che voglio tenere. Oggi mi trovo solo a camminare per dei parchi nazionali e a compiacermi della mia forma fisica, veramente nulla di che. Ma oggi mi trovo anche a pensare che i film di Rocky e le mille puntate di Goku forse qualcosa mi hanno lasciato! Sono velocemente in navetta, e mi dirigo subito fuori dal parco, prima in macchina e poi in citta’, per trovare un discreto posto dove far colazione. Anzi, brunch perche’ ormai sono le 10 e mezza. Opto per un come-back al posto del mega shake di ieri. E indovinate cosa prendo?! Be’, un altro shake – stavolta SOLO da 16 oz – e un croissant con dentro bacon, scrumbled eggs & cheddar cheese. Non male, anche se piccolino, ma comunque a fagiuolo perche’ ero veramente stracco. La stanchezza inizia a pesare e agogno il riposo REGALE che mi concedero’ domani notte, a Las Vegas! Intanto pero’ sono ancora a Zion, e dopo aver spazzolato il piatto e il bicchiere, me ne esco per compiere la mia mission giornaliera: trovare la mia piazzola del campeggio per la notte. Decido di farlo, quest’ultimo sforzo, perche’ il clima e’ piacevole, perche’ ho la stuoia e il cuscino da campeggio presi al Walmart, e perche’ il posto mi sembra quasi idilliaco, con le piazzole immerse tra verdi alberi e vicine al Virgin river. Guido fino all’entrata del Watchman campground, dove ho prenotato gia’ da casa la mia piazzola. All’entrata pero’, le due rangeresse (posso dirlo?!) mi dicono che e’ pieno, e che.. che io ho prenotato per il 29 agosto! Ma zio can.. anzi, ZION CAN, possibile?! Sono un idiota. Mi giro, rimuginando sul se io abbia sprecato 18 dollari o se mi verranno dunque riaccreditati, e vado al South Campground, pochi metri affianco. E’ piu’ bello, ma essendo su first-come, first-served basis (ovvero un modo forbito per dire “chi prima arriva meglio alloggia”) anche stramaledettamente pieno, gia’ a quest’ora del giorno. Giro, giro e giro per il campeggio finche’ non trovo un buchetto, dove non e’ apposto alcun cartellino. Pare non ci sia nessuno su quella piazzola, quindi la faccio mia in men che non si dica. Compilo l’envelope, ci caccio il numero della carta di credito di modo che mi addebitino (potevo pagare cash ma non ho spicci) e mi dedico al costruirmi per l’ultima volta ho idea la mia vecchia Wenzy. Il fatto e’ che ormai il sole e’ alto nel cielo e fa un caldo negro. Ho in macchina il bicchiere dello shake con un dito di avanzo. Credo abbia una colonia di batteri tali da uccidere un cavallo ormai. Io mi denudo, indosso il mio cappellaccio di paglia e monto la tenda. Prima pero’, ho una brillante idea. Io, seguace di Bear Grylls (quell’uomo e’ un grande ragazzi) rammento i suoi consigli sul come costruire un giaciglio confortevole. Vedo che attorno alla piazzola ci sono molteplici, folti ciuffi d’erba secca, alta. Ne raccolgo in abbondanza e li stendo a formare una prima stuoia, un primo strato di comodita’. Poi, adagio il tarp. Subito dopo, stendo la tenda e la fisso nel posto designato. Infine, adagio stuoia e sacco a pelo, e mi preparo al comfort test: la prova, senza alcun dubbio, e’ superata. E’ uno dei giacigli piu’ comodi in cui abbia posato le mie chiappe cavolo! Ancora una volta nell’arco di poche ore, mi trovo a complimentarmi con me stesso per l’ottimo lavoro, anche se una parte del merito va al vecchio Bear. Son contento. Anche perche’ il clima del campeggio sembra proprio bello, tranquillo, in un contesto stupendo, con belle viette che si snodano affianco al fiume. Rilassante. Si, rilassante, ma non come il bagno che sto per andare a fare. Il caldo e’ da sangue da naso e l’acqua fresca del fiume e’ l’unico riparo. Mi preparo uno zaino light e mi avvio, in navetta, alla seconda fermata, quella di Canyon Junction. Scendo dalla strada e mi faccio strada verso il corso del fiume, nascosto dallo sguardo di gente indiscreta. Mi cambio, et voila’, Manu versione bagnante. Anche se per quel che sto mangiando e la forma che sto assumendo, sono piu’ una versione natante. Mi sdraio con la shiena su un grosso masso sommers che mi fa da cuscino, anzi, da sdraio, il corpo immerso in acqua fino al collo. Una sensazione divina. La frescura si impadronisce di me, anche se il sole frontale continua ad abbronzarmi e a colpire il mio volto. Sento le braccia quasi bruciare, non so se comunque per il caldo o per l’eccessivo freddo. Fattosta’ che in questo stato mi sento in tranche. Anche questi, momenti impagabili. I bagni in giro per il mondo – bagni intesi come momenti balneatori – sono una delle cose a cui tengo di piu’! Ricordo un paio di laghi di montagna in Canada.. nella Bow Valley.. aah! Va be’, non piangiamo sui posti visitati. Mi desto dallo stato di gelido torpore in cui ero caduto, probabilmente prossimo alla morte, e mi faccio asciugare dai raggi solari, che piano piano fanno scomparire le gocce d’acqua dalla mia pelle abbronzata. (Haha, tornero’ a Padova abbronzato mentre tutti i balneanti di luglio e agosto saranno gia’ bianchi come i muri! Little bastard) Dopo essermi rivestito, gironzolo un po’ per il parco. Arrivo a Zion Lodge – una lodge appunto costruita nei primi anni venti per incentivare il turismo nell’area – e faccio un sonnetto sdraiato sull’invitante erbetta del giardino. Davanti a me, si svolge una ranger talk sugli insediamenti umani nel canyon di Zion. Ma si sa, l’ho gia’ detto, chi dorme non piglia pesci, quindi mi ridesto e mi rimetto in navetta. Mi sento una formica, presente? Sono frenetiche, sempre in movimento, mai che stiano li a godersi un bella briciola di pane e una bella goccia d’acqua all’ombra di una foglia! Storie. In men che non si dica sono nuovamente in citta’, e stavolta con una meta precisa: un dolce sollievo, che trovo quasi immediatamente. Trovo un’insegna, “Springdale Candy Company”, che mi fa venire le bave alla bocca. Ci metto poco ad attraversare la strada e aprire la porta d’ingresso. Entro con circospezione, non voglio che i soliti, troppo gentili, assillanti commessi americani mi infestino e mi facciano sentire in colpa se esco senza comprar nulla. Voglio solo entrare e dare un’occhiata cazzo! Hehe, si, occhiata! In realta’ dentro la visione e’ talmente bella che mi invoglia troppo, dunque le prime parole che proferisco, dopo “Hi”, sono per la signora di mezz’eta’ al bancone e recitano “Mi dia il milkshake piu’ grande che riesce a fare!”. Davvero, le ho detto cosi’. Pero’ non ha esaudito i miei desideri, perche’ il bicchiere non era cosi’ enorme, anzi. Ne ho bevuti di piu’ grossi. Non contento pero’, visto che il negozio offre piu’ che altro cioccolato fatto live, mi sento obbligato ad assaggiarne un po’. La signora, che non so per qual cazzo di motivo continua a chiamarmi BABY – e tutto cio’ non mi mette a mio agio, mi fa assaggiare della cioccolata che il suo collega sta preparando dietro di lei. Nabbomba! Quindi compro 4 cioccolatoni al latte – ini e’ riduttivo, li’ non esistono i diminutivi per il cibo! – con dentro:uno peanut butter (burro d’arachidi), uno cocco, uno maple fudge (orgasmo organolettico) e uno.. uuu.. marshmallow! Esco con il sorriso di un bambino che ha appena visto Babbo Natale, mi siedo ALL’OMBRA sulla panca davanti al negozio, sorseggio un po’ di vanilla shake mentre apro il sacchetto e poi gusto i cioccolatoni, uno ad uno. Mi sembra di salire le scale verso il Paradiso. Sono in estasi degustativa, mi sento bene, non ho caldo e ho il palato in festa. Il mondo puo’ anche finire ora, ma io saro’ contento lo stesso! Il colpo del marshmallow poi, e’ deflagrante. Non ho piu’ parole ne’ sentimenti, ne’ purtroppo cioccolatoni, quindi altro non faccio che lasciarmi scivolare sulla panca e sorseggiare dell’altro shake. Sublime. Mi riprendo dal coma glucosico – parola inesistente ma che rende il concetto – solo MINUTI dopo, ed alzandomi a fatica, faccio 2 passi per smaltire. Dopo qualche isolato, vedo un posto che attira la mia attenzione, l’attenzione di uno a cui non passa nulla e che puo’ esser interessato anche da una macchina verde. Vedo una libreria, e ci entro di corsa, commettendo l’errore supremo. Vedete, parlo di errore supremo, e la mia amica Raffaella saprebbe bene come mai, in quanto le librerie sono un’inesauribile fonte di sperperi economici per il sottoscritto. Non esco senza almeno un libro, un saggio, un romanzetto, un opuscolo. DEVO comprare qualcosa. E stavolta la regola non fa eccezioni, perche’ acquisto un paio di libri di viaggi, uno nel parco di Arches (dove sono stato lo scorso anno) e uno in giro per gli States. Magari saranno fonte d’ispirazione. E poi, essendo quello su Arches una specie di tascabile, mi tornera’ utile: mi mancava il solito libretto da attesa in aeroporto! Facendo due chiacchiere, le solite da turista che non ha nulla da fare, con la padrona del negozio finisco in argomento “real estate”, e cosi’ conosco la proprietaria dello stabile affianco, una galleria d’arte la cui padrona e’ anche agente immobiliare. Ma guarda un po’! Le pongo una domanda a bruciapelo, immaginando gia’ la risposta: quanto costa mediamente una casa qui a Springdale?! La risposta mi spiazza piu’ del previsto. Mi aspettavo dei prezzi elevati, ma 200.000 dollari per la casa piu’ squallida, questo e’ un po’ eccessivo! Con 150.000 dollari a Rapid City, SD, mi prendo una villa credo! In questo modo, crolla ogni mio sogno di un futuro alle porte del parco di Zion. L’infelice novella non pregiudica il mio morale, che gaio come sempre mi porta di nuovo all’aperto a girovagare per la cittadina. Dopo pochi minuti mi son gia’ rotto i coglioni, quindi, anche stanco per la giornata, mi accomodo su una panca e leggo il libro appena comprato. Duro venti minuti, poi, con una decisione a dir poco vergognosa, decido di andare a cenare: sono le 6 di sera. E’ un record. Per carita’, qui la gente e’ abituata a non mangiare tardi, e il locale e’ gia’ frequentato, ma a me sembra di essere in un altro mondo. Entro in una pizzeria/ristorante per sfamare la mia voglia di pizza, non ne ho ancora presa una. Opto per una pepperoni, sausage, canadian bacon and olives. Si, non e’ malaccio, ma la Meat Lovers di Pizza Hut la brucia. La mia prossima mission sara’ trovare un Pizza Hut ragazzi. Sconsolato, non soddisfatto dalla cena, ingollo un altro bicchierone di pink lemonade (o sta roba spacca, e’ limonata ma e’ rosa e c’e’ qualche altro aroma dentro che e’ una bomba. Ve la consiglio!) ed esco. Non e’ ancora tramontato del tutto il sole, ed io sono tecnicamente gia’ pronto per andare a letto! Pazzesco. Cosi’, decido di tornare al campeggio, godermi li le ultime luci del giorno, e fare due passi per aiutare il mio stoico stomaco a digerire la balla di cibo. Sempre con i miei infradito ai piedi, inizio a far due passi per le viuzze del camp, affianco al fiume, con il mio diario in mano. Ci sono anche le note di viaggio della mia ultima esperienza in Irlanda. Oh, rido come un imbecille. Non so perche’ ma rileggere quel che scrivo, le mie osservazioni sugli altri, sul me stesso, mi fan crepare dalle risate! Cosi’ leggo di com’e’ andata, di cosa provavo, di come vedevo le cose. I consigli finali sono stupendi, e credo varra’ la pena che prima o poi da qualche parte vengano pubblicati. Anzi, il lettore mi perdoni, ma lo faccio ora. Considerazioni sull’Irlanda: 1. L’Irlanda e’ un paese spazzato dal vento. Portati sempre un berretto. 2. Se il tempo si mette contro di te, rassegnati, sei fregato. 3. Se devi trombare da giovane, le irlandesi saranno propense a darti una chance. 4. L’Irlanda non e’ il paese descritto dalle guide: e’ povero di attrazioni, quelle che ci sono sono modeste, e NON E’ un paradiso del birdwatching. 5. Eddie Rockets e’ la mia rovina (NB. Catena di fastfood) 6. Capisco perche’ l’irlandese e’ visto come un ubriacone. E mi fermo qui, non esprimo altre considerazioni che ho segnato sul blocco note durante il viaggio in merito a quest’esperienza. Finita la lettura, finisco anche il campeggio, e ripiego verso il mio giaciglio. Ormai l’imbrunire ha coperto tutto il pesaggio, e non mi rimane che indossare la mia headtorch e recarmi al bagno per detergermi le zanne per poi, finalmente, coricarmi. Sono veramente, VERAMENTE stanco. Avete presente quando, dopo una giornata di sole al mare, si rientra a casa stanchi morti, pur non avendo mosso un muscolo?! Ecco, aggiungete anche una camminata di 13 km e un po’ di giretti qua e la, e otterrete un livello di stanchezza ancor maggiore. Io mi sento cosi’, fabbisognante di riposo. Entro in tenda lasciando fuori un ventaccio che non promette meraviglie. Non si sa mai come possa cambiare repentinamente qui il tempo. Di contro, la temperatura e’ decisamente apprezzabile. Sono in pantaloncini corti e maglietta lunga, e sto benissimo, anche col sacco a pelo aperto. Fa molto strano, ma mi concilia il sonno. Prendo subito la via del riposo anche grazie alla tattica Grylls e al nuovo, piccolo cuscino acquistato. L’unica pecca ecco, e’ che dormendo a pancia in giu’ mi schiaccio le braccia in un modo o nell’altro e mi blocco la circolazione del sangue, creando quel pericoloso effetto “braccia inerti” che puo’ portare a farsi cadere una mano in faccia senza preavviso, mentre ci si gira! E’ ora di dormire sul serio, cade il silenzio anche in campeggio. Fuori, il cielo fa paura. Stellato da far venire i brividi. E’ una terra, da brividi.

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