Mentre sto camminando a pochi chilometri da un volcano che
ha eruttato una settimana fa, e di cui in molti temono una spettacolare e ben
piu’ grande eruzione a breve, ripenso a questo. E’ martedi’. Cos’avrei fatto
fossi rimasto a casa? Uhm.. mi sarei svegliato imprecando pensando alle otto
ore che avrei passato chiuso in banca a Marsango, avrei mandato a fare in culo
qualche simpaticone (dico, clienti), avrei caricato il bancomat, NON sarei
uscito (e se lo fossi sarebbe stato tipo “andiamo da omar a bere qualcosa”.
Nnnniiiiice!) e me ne sarei andato a letto imprecando per le altre 8 ore di
gabbia che mi attendevano il giorno dopo. Molto, molto interessante. Vale
proprio la pena vivere cosi’ a 25 anni. Ora invece sto solo, solo camminando
vicino al Mt Tongariro, un vulcano attivo sul serio. Vedo i 2500 metri di Mt
Taranaki a piu’ di 120 km di distanza, inconfondibili. E mi sembra di essere in
Patagonia, per le viste che ho. Suvvia, ma vogliamo mettere con lo starsene a
casa, lavoro sicuro, indeterminato, vestitini eleganti e scarpette alla moda?!
E chissene frega di avere amici da tutto il mondo, fare sport estremi, guidare
in lungo e in largo e camminare altrettanto chissa’ dove nel mondo. Macche’,
niente in confronto alla mia amatissssima Cadoneghe. La pace e la tranquillita’
della vita di TUTTI, tutti i santissimi giorni.
Ma vafanculo. Con una f sola, I’m politically correct. E con
tutto il cuore.
Stamattina comunque, poco dopo il mio risveglio, mi
aspettavo di essere in gabbia, piu’ che al Tongariro National Park. Dopo la
notte in macchina, alle 6.30 ero in fase “get ready”. Caccio via il sacco a
pelo, mi svesto e vesto con movimenti che rassomigliano quelli di una larva che
si trasforma in farfalla. Mentre mi tolgo il berretto e guardo fuori dal finestrino,
vedo che dall’altra parte della strada un signore sulla sessantina avanzata
esce dal cancello di casa e si dirige verso di me. Anche se non ha una brutta
faccia o un’espressione poco rassicurante, fra me e me penso che e’ finita. “Mi
chiedera’, gentilmente, di farmi trarre in arresto alla stazione di polizia
piu’ vicina senza opporre resistenza”. Mi vedo gia’ a marcire in gabbia con una
ventina di altri backpackers (tedeschi) rei di aver dormito in macchina e di
aver infranto la legge. La pacchia e’ finita. Questi sono i pensieri che
scorrono nella mia testa mentre tiro giu’ il finestrino. E come volevasi
dimostrare, proprio li’ va a parare il signore anziano, ovviamente non pensando
di chiedermi consigli sul come dar da bere alle piante in giardino. “Hai
dormito qui in macchina tutta la notte?”, e io, mettendo le mani avanti,
replico pronto “Si, lo so che non si potrebbe ma e’ stata un’emergenza, da
stupido non ho prenotato l’ostello per tempo e venendo dalle cave sono stanco
morto, non ho trovato posto nell’unico che ho trovato ed ora e’ tutto chiuso,
ho pensato che qui fosse un posto dove non avrei dato fastidio ecco”. Poi,
anziche’ estrarre delle manette o il cellulare per chiamare la polizia, mi
replica: “Ah.. beh, mi spiace perche’ ieri sera non ho notato che ti eri
sistemato qui per dormire, l’ho realizzato stamattina e son venuto fuori per
accertarlo, averlo saputo avresti potuto venire in casa e avere un letto dove
passare la notte! Pazienza, dai, se vuoi venire dentro puoi avere almeno una
buona colazione, una doccia se ti serve, e se vuoi restare la notte, non farti
problemi!”
Rimango, assolutamente, di sasso.
Chi legge potra’ pensare e dire cio’ che vuole. Il solito
colpo di fortuna, semplicemente l’incontro con una persona generosa, casualita’.
No. Io la penso diversamente.
Vedete, ho dormito di fronte ad una chiesa, lo ricordate?
Non sono uno che crede molto in miracoli, gesti paranormali che accadono cosi’
all’improvviso, persone mandate dall’alto per provvedere ai tuoi bisogni. In
realta’ poi bisognoso non lo ero affatto, avevo gia’ in programma di guidare
fino all’ostello dove avrei dormito la notte successiva e cucinarmi li una
buona colazione. Ma vedete, c’e’ sempre un momento nella vita in cui qualcosa
accade, e quel qualcosa ci aiuta ad aprire gli occhi, a vedere al di la’ della
nebbia di ogni giorno. Io sto capendo tante cose viaggiando qui. E una di
queste e’ che c’e’ veramente Qualcuno lassu’ che ci guarda, che ci segue, che
ci aiuta e ci protegge, soprattutto se lo cerchiamo e se stiamo con lui. Oggi
e’ stato come dormire vicino a Lui, e come ricompensa – anche senza aver fatto
nulla per riceverne una! Il bello della gratuita’ – ecco che ti manda una
persona nobile e generosa ad offrirti una colazione e della genuina
ospitalita’. E’ fantastico, quasi da non credere. E’ veramente pura
casualita’?! Mah.
Salta fuori che questo signore e’ un prete che lavora come
cappellano nella prigione locale. Mi vengono in mente tante cose mentre parlo
con lui, con sua moglie, mentre mangio le uova e il toast, il latte e cereali
che gentilmente mi offrono. Arrivo alla conclusione mentre li saluto, e mentre
mi danno un fogliettino con i loro recapiti, “Giusto in caso dovesse capitare
qualcosa, sai che puoi contare su qualcuno qui vicino!”.
E la conclusione e’ presto detta: se devo indicare le
persone che finora piu’ hanno segnato questa mia esperienza, che piu’ mi hanno
aiutato, che piu’ mi hanno colpito per generosita’ e altruismo, dovessi
prenderne 3, ecco, sono tutti e 3 delle persone religiose che hanno una
fortissima fede in Dio. E non, non e’ un caso. Uno dopo aver avuto un rapporto
affittuario-inquilino, diventa grandissimo amico e mi offre di stare da lui a
gratis, mi aiuta con la posta, i locali, gli sconti. Una persona che, per dire,
in una giornata di sole prende e va al lago con la Bibbia in mano, per
“meditare e cercare di parlare con Dio”. Uno lo incontro come host su
couchsurfing e mi offre, oltre ad un letto, una cena, una colazione ed un
pranzo per il giorno seguente. Tutto, ovviamente, a gratis – come la
connessione internet, del resto. Anche lui, una persona che prega per il cibo
che riceve ogni giorno e per le persone che, come me, incontra sulla sua
strada. Infine, uno che anziche’ chiamare gli sbirri e farmi sbattere in cella
per barbonaggio o qualcosa del genere, mi apre le porte di casa sua e mi offre
vitto e alloggio. Un cappellano, uno “casa e chiesa”, come si dice da noi. Casa
e chiesa da noi ha un’accezione spesso negativa, vero? Troppo santerello,
troppo candido, puritano. Beh, sapete che vi dico? Non e’ tutta questione di
casa e chiesa qui, c’e’ anche tanta cultura, cultura buona, onesta’, altruismo,
generosita’, cose che a casa non vedo o se vedo, vedo mischiata a tanto
opportunismo, superbia e anche, scetticismo. Non c’e’ paragone. Ora sto in un
mondo diverso, dove le pecore nere ci sono comunque, ma sono la minoranza, e
sono circondate da un esercito di persone brave e pronte ad accogliere il
prossimo. E se questo vuol dire essere circondati da persone “casa e chiesa”,
ben venga. Adoro questo tipo di persone.
Piu’ avanti, lungo la strada, dopo una curva vedo stagliarsi
all’improvviso sulla mia sinistra un imponente monte che si erge solitario, dal
nulla. Non una montagna dalla cima aguzza, esile, quelle stilizzate che si
vedono di solito. Questa ha la cime che la fa assomigliare piu’ ad un trapezio
che ad un triangolo. E, ops, mi correggo, non e’ solitaria: dopo la curva
successiva, poco piu’ a sinistra si staglia un’altra, imponente figura, che
piu’ che un monte richiama alla mente un vulcano. Si, sono decisamente arrivato
a National Park. E’ il nome di un paese eh, non fraintendete, non potrei mai
essere cosi’ generico nell’indicare un parco nazionale. C’e’ veramente un paese
che si chiama National Park, probabilmente perche’ e’ circondato da due parchi
nazionali. Si, direi che la spiegazione potrebbe calzare a pennello. Anche se
ricordo ancora, un mese fa, la prima volta che ci passai vicino, vidi un
cartello con l’indicazione “National Park, Rd.4”. Rimasi allibito, pensai, “Come
cazzo indicano i luoghi questi??! Poco generico no?!”. In realta’, dovetti
correggermi. Ma fa niente. Il villaggio e’ minuscolo, a fatica un supermercato
e un ufficio postale, ma sta bene. A me interessano piu’ i chilometri non
asfaltati di sentieri e piste, che quelli asfaltati delle strade che conducono
a negozi e cose del genere. Mi dirigo dritto al visitor center e ovviamente,
avendo il Tongariro eruttato poco piu’ di una settimana prima, mi viene negata
la possibilita’ di fare il Tongariro Crossing, la day hike piu’ bella della
Nuova Zelanda. Provo ad indagare se alla trailhead vi sia semplicemente un
cartello con scritto “Vietato proseguire oltre” o se vi siano anche dei loschi
figuri addetti al rispetto di tal prescrizione. E ovviamente, mandando a banane
qualsiasi mio infido piano, mi viene risposto che si, i figuri in questione
sarebbero li ad aspettarmi. Bene. Vengo demandato alla camminata verso Upper
Tama lake, le solite 6 ore andata/ritorno che percorrero’ nella meta’ del
tempo. C’mon.
Cammino sotto il sole cocente, possente, ustionante. La mia
politica non ha previsto una razione di crema solare anche sulle spalle e sulle
braccia, col risultato che gia’ a meta’ camminata mi sento “un leggero
bruciore” in quelle zone. Le mie braccia poi sono speciali, assomigliano a dei
Ringo, marroni sopra, gialle sotto. Lungo il sentiero viaggio con la mente
dalla Nuova Zelanda alla Patagonia, alla Scozia, all’Alaska. Paesaggio sublime,
ispirante. E’ bello ogni tanto fermarsi per qualche secondo e girare per 360
gradi sui proprio piedi. Passare dai possenti, vulcanici quasi 2300 metri di
Mt.Ngauruhoe ai meno possenti, ma decisamente piu’ massicci 2900 di Mt.Ruapehu,
e infine, voltandosi verso le pianure, passando foreste, fiumi, praterie, 120
km piu’ ad ovest, perdere il proprio sguardo sulla vetta imbiancata di
Mt.Taranaki, 2500 metri d’altezza. Semplicemente fantastico. Anche se non e’
come essere sull’Everest, per ora mi posso dire soddisfatto. Un giorno saro’
anche dalle parti dell’Everest, lo so. Lungo la via, supero il solito macello
di gente. Mi fermo solo in cima, per qualche biscotto energetico (che ho
rinominato “biscotto di Balzar”, per i cultori di DragonBall) e per iniziare il
mio lavoro da fotografo. Treppiede attaccato alla camera, e via, giu’ per la
montagna, a fermarsi, provare, trovare lo scatto migliore. Mentre scendo
attacco bottone con un neozelandese di Auckland che mi dice che questa e’ la
terza volta che prenota un tour del Tongariro Crossing, e che per la terza
volta consecutiva non riesce a farlo per un motivo o l’altro. La prima era
stata il brutto tempo, la seconda l’eruzione dell’agosto scorso, la terza,
recente, l’ultima eruzione. Pazzesco eh? Io gli consiglio di rinunciare,
dev’esserci qualcosa di losco sotto evidentemente. La cosa che mi stupisce di
piu’ tuttavia e’ che, quando mi chiede da dove vengo e gli rispondo ovviamente
“Italia”, lui mi risponde “Pensavo fossi americano o qualcosa del genere”. E
non e’ il primo. In questi giorni mi sto molto meravigliando – e a dire il vero
inorgogliendo – del fatto che diversa gente pensa che sia americano o che
comunque, perlomeno abbia un forte accento americano. Non riesco ancora a
capacitarmi di come un english-speaker possa confondermi con un americano, so
che ho ancora un sacco da imparare soprattutto in articolazione dei discorsi e
in vocabolario, ma la cosa mi da un sacco di orgoglio. Quando arrivero’ in
America saro’ pronto!
La giornata, una volta completata la camminata, potrebbe
dirsi completa e stupenda: notte decente, risveglio sorprendente, persone
incredibili, paesaggi incantevoli, tempo pregevole. Cos’altro desiderare di
piu’? Io personalmente, non riuscivo ad immaginare altro. Cosa chiedere di piu’
dopo un giorno cosi’? Direi piuttosto che solo pensare ad avere qualcosa in
piu’ sarebbe maledettamente egoista, sbagliato, presuntuoso. Mi sarei
accontentato di un terzo delle emozioni e della felicita’ avuta. Eppure, le vie
del Signore sono infinite e anche se lungo la via ogni tanto c’e’ un dosso, una
sbarra, una buca, tante, tantissime volte ci sono dei pacchi regalo grandi come
case. Ecco cosa mi e’ capitato la sera. Un regalo enorme.
Una ragazza. Entrata nel mio mondo in punta di piedi,
chiedendomi se stavo cercando le forbici e aiutandomi a trovarle. Non so
perche’, ma da quando l’ho guardata in quell’istante, il sorriso che si siamo
scambiati, tutto il resto e’ passato in secondo piano. E’ una ragazza che
mentre io sistemavo le mie foto al tavolo della cena, si e’ seduta di fronte a
me, e non ho visto il perche’ di non iniziare a parlare con lei. Non voglio
dire del mio sguardo da pesce lesso mentre fissavo i suoi occhi, voglio dire
invece che e’ stato bellissimo parlare con lei, non mollare mai uno sguardo,
entrambi, condividere tante esperienze. E darci l’arrivederci al giorno dopo.
Pensare di rivederla e di stare ancora insieme a lei per un’altro giorno e’
stata la miglior ninna-nanna che potessi ricevere. Sono andato a letto felice
come un bambino alla vigilia di Natale.