Ogni tanto guidare e’ l’unico modo che hai per assaporare appieno
cio’ che una terra ha da offrirti. Certo, sedentario, magari un po’ monotono,
costoso: tutto ci sta. Ma stamattina, mentre lasciavo Napier attorno alle 8 del
mattino, credo proprio fosse il modo migliore per gustarsi al massimo le
colline che circondano la zona. Partito a tutta birra per arrivare a Rotorua,
circa 360 km a nordovest, ad un orario decente per concedersi un po’ di
chillout, quasi rimango deluso appena al di fuori della citta’. Cio’ che vedo –
e cio’ che avrei visto per l’ora e mezza seguente – non e’ altro che un
susseguirsi di verdi, verdissime colline ricoperte da pecore e qualche albero,
e tra quei “qualche alberi”, altre pecore. La strada e’ “winding”, e non mi
permette, forse per mia fortuna, di correre chissa’ quanto veloce, anche se ci
metto del mio convinto che non arrivero’ mai troppo presto a destinazione. Ma
lo scenario e’ superbo, bucolico di quelli descritti dai migliori poeti, dolce
da far venire le lacrime agli occhi, illuminato com’e’ dalla luce ancor non
fastidiosa del mattino. Una luce calda, ma non troppo. E’ sempre un pericolo
guidare quando di fronte hai un bel panorama e non un container di merda: col
secondo preferisci decisamente tenere gli occhi sulla strada, col primo sei
altamente distratto da cio’ che ti sta attorno, e il rischio si moltiplica. Lo
so, ma e’ impossibile che i miei occhi si stacchino da tutto quel verde. Ogni
tanto un albero solitario si innalza su una sella tra due colline, blocca i
raggi del sole, l’immagine e’ da quadro. Mi viene in mente Hadrian’s Wall in
Inghilterra, dove la via che cammina lungo il muro arriva ad un certo punto a
quello che e’ chiamato Sycomore’s Gap, dove c’e’ appunto una piccolissima
sella, il “gap”, dove nel bel mezzo si trova un sicomoro. Beh, ora non mi serve
piu’ andar fin li. Ne ho avuta la mia razione, solo stamattina!
Sono cosi’ dannatamente tentato di fermarmi e scattare
qualche foto. Desidererei ardentemente fermare qualcuno di questi momenti,
immortalare qualcuna delle scene che scorrono attraverso i miei occhi, si’
belle esse sono. Sono disposto a fermarmi, a farmi ripassare dalle macchine
superate con tanta fatica, e a perdere del tempo prezioso sulla tabella di
marcia. Ma non mi fermo, e so bene il perche’. Ne rimarrei terribilmente
deluso. Sapete, questa puo’ sembrare una sciocchezza, ma per me conta molto.
Odio quando mi fermo, quando vorrei andare avanti ma mi fermo, per fare qualche
foto. E poi, la foto non e’ uguale a cio’ che vedo. Ne rimango abbattuto. E
sapete, purtroppo ho realizzato una cosa: forse neanche il miglior fotografo
riesce a catturare esattamente cio’ che i suoi occhi vedono, cio’ che la natura
gli mostra in quel preciso istante. Se vi riesce, quella e’ la foto che tutti
ammireranno e che tutti acclameranno. Ma non tutti vi riescono. Io non sono
nessuno, e non voglio provare a essere qualcuno che so di non essere. Ho
realizzato questo, e non fermo la corsa della mia macchina. Anzi, premo
sull’acceleratore, consapevole che quelle immagini cosi’ perfette resteranno
per sempre impresse. Non sulla SD o sul mio pc, ma sulla mia mente. E dentro il
mio cuore, questo e’ certo.
Non posso peraltro esimermi, per coprire il lasso di tempo
che mi vede guidare tra verdi colline verso la giungle di Te Urewera NP, dal
raccontare la mia trovata della sera precedente. Mi trovavo in un ostello
teutonico: la lingua principale era il tedesco. Credo di non mentire quando
affermo che l’unica persona che ho sentito parlare inglese sia stata il
receptionist. E di nuovo, quando i tedeschi son pochi, magari donne, e ancor
meglio gnocche, ci sta. La conversazione fluisce piacevole. Quando invece sono
sciami, puzzano, sono perlopiu’ uomini e quando sono donne, sono piu’ degli
ogre che delle ragazze, allora possono pure andarsene a fare in [...]. Il mio
dormitorio era di 12 letti, insolito per la norma qui, al massimo ho sempre
avuto un 8-beds. Apro la porta e mi assale una vampata di odori maligni, tipo
spiriti malvagi sotto forma di odori flautolenti mixati a calzini in
putrefazione. Sul pavimento di tutto, dai calzini appunto, ai caricatori, a
mutande, abbigliamento vario, libri, cibo. Mi sorprende di non aver trovato un
gabbiano, un topo, una capra o qualche civetta la’ dentro, ci calzavano a
pennello. Alla sera ne ho abbastanza, quando voglio riesco a zingarare
abbastanza, ma tutto sommato sono ancora un principino (come mi chiamavano
all’universita’ uahuah, adoro quel soprannome!) e un posto del genere mi da
abbastanza il voltastomaco. Mentre passeggio per il corridoio ho l’ispirazione:
vedo una camera doppia libera, con la porta aperta. La reception ha appena chiuso,
e dubito il receptionist si faccia il giro del posto per controllare sia tutto
ok. La mia mente diabolica pensa ed elabora il piano in un secondo. Mi
precipito in camera mia, dove non c’e’ nessuno per fortuna, faccio i bagagli in
men che non si dica e mi fiondo nella camera doppia, chiudendo la porta. Sono
gia’ andato al bagno e ho tutto quel che mi serve, quindi non mi cambia nulla
il fatto di non aver le chiavi della camera. Geniale no?! Dormo beato la notte,
senza odori molesti e tedeschi fastidiosi. Il mattino dopo mi sveglio presto –
prima del receptionist – per evitare possibili rogne, faccio colazione, e me la
svigno. Ho pagato 25$ per una camera doppia che costerebbe piu’ o meno il
doppio. Questo si chiama RISPARMIARE.
La giornata prosegue alla grande, perche’ Te Urewera e’ un
signor parco. La giungla e’ stupenda, ricca di vegetazione e di corsi d’acqua,
cascate a non finire. Perdo diverso tempo a cercare lo scatto migliore quando
mi imbatto in cascate appunto. Il sole non mi abbandona e si sente “del caldo”
per usare un eufemismo. Penso al latte che sto portando nel bagagliaio, chissa’
come sara’ preso ora di questa sera. Poi, se devo proprio trovare un difetto al
parco, ecco, esso e’ lampante: le strade. Sapete cosa vuol dire guidare per
piu’ o meno 100 km su strade UNSEALED, UNPAVED, e per di piu’ WINDING?! Vuol
dire una tortura, soprattutto se fuori fa caldo, non puoi aprire i finestrini
altrimenti ti troverai un camion di polvere dentro la macchina nel giro di 5
minuti, e l’aria condizionata funziona come un frigo senza presa per la
corrente. Ah, e anche se la tua macchina e’ del ’91 e devi ancora scoprire
quale magagna nasconde. Mi vien da pensare a come possa davvero esistere una
condizione del genere. Voglio dire, non sono in Africa, punto primo. Sono in un
parco nazionale, punto secondo. E terzo, e’ l’anno 2012, non il 1816. Mi
aspetterei ben altro. Forse vogliono tenerlo fuori dalla portata di molti?!
Beh, magari con i giappi ci riusciranno, di sicuro non vedro’ pullman in giro
per queste strade (me lo auguro, farei una brutta fine se me ne trovo uno in
curva!) ma con me non ce la faranno. Sono pronto a tutto.
Anche se in realta’ devo annoverare la strada, la n.38, tra
le piu’ pericolose che abbia mai guidato. Ormai un po’ di strada in giro l’ho
fatta, e mi ricordo alcuni pezzi insidiosi qua e la. Le strette, winding roads
delle Highlands scozzesi, dove per circolare “a doppio senso” esistono solo dei
passing places dove fermarsi e far passare gli altri. Ricordo anche una strada
in Irlanda talmente stretta che ebbi la sensazione di passare a stento con la
mia macchina (e trovari, solito culo, un camper. Non so come ho fatto quella
volta). Ma questa probabilmente vince. Sarebbe una strada su cui divertirsi:
non girano tante macchine, c’e’ il giusto mix di sassi e polvere, insomma, gran
rally, e il mio stile di guida sarebbe adatto alla bisogna. Purtroppo non posso
confidare nella macchina, e non posso permettermi sbalzi perche’ dietro ho cibo
“deperibili” e danneggiabile, una valigia che fa salti da venti centimetri con
un sasso di cinque, computer, etc. Quindi, devo prestare parecchia attenzione.
Anche agli altri, perche’ ci son certi deficienti che “I GA’L SUV”, e vengono
su e giu’ sparati come proiettili. Con la mia carretta, non posso far altro che
mandarli velocemente a cagare. Ma alla fine, tra un’imprecazione e l’altra,
riesco a portare a casa la pellaccia anche stavolta, e con la pellaccia, porto
a casa sani e salvi anche i miei asparagi e le mie banane!
Sapete, concludere la serata degnamente e’ come la ciliegina
sulla torta, “cherry on the pie” come dicono qui. A Rotorua mi fermo per un
paio di giorni di relax e di bagni nelle “hot pools”, non vedo l’ora di
immergerci le chiappe! Ma la sera, stasera, ho bisogno di un buon pasto. Provo
ad inventarmi la ricetta di un risotto asparagi e carote, bollendo i due e
creando una specie di brodo cremoso con acqua di cottura e latte. Il risultato
non e’ forse da top restaurant italiano, da novelle cuisine, ma mi sfama e non
e’ nemmeno malaccio. Sono decisamente contento, e tale, mi concedo una serata
in un bel pub locale in compagnia di una ragazza ceca e di una tedesca.
Poi, quando hai i coupon che ti consentono di avere una coca
omaggio al pub – e non un bicchierino da caffe’, ma uno 0,4 lt intero! –
concludi la serata ancor piu’ felice!
PS. Per domani ho prenotato un’altra follia (economicamente
parlando): mi aspettano le Waitomo Caves! Ovvero, circa 8 ore tra abseiling
(calarsi giu’ in una cava tramite una fune, per 100 metri!), salti nel vuoto
dentro cascate sotterranee, scalate di cascate, pareti, esplorazione di cave,
osservazione del soffitto dove sono presenti i GLOWWORMS (vermetti
fosforescenti) per tornare infine in superficie, dalla parte opposta, e godersi
un BBQ con gli altri partecipanti! Non vedo l’ora, sara’ la cosa piu’
BearGryllesca che abbia mai fatto!
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