giovedì 29 novembre 2012

Another day, in Paradise


Mentre sto camminando a pochi chilometri da un volcano che ha eruttato una settimana fa, e di cui in molti temono una spettacolare e ben piu’ grande eruzione a breve, ripenso a questo. E’ martedi’. Cos’avrei fatto fossi rimasto a casa? Uhm.. mi sarei svegliato imprecando pensando alle otto ore che avrei passato chiuso in banca a Marsango, avrei mandato a fare in culo qualche simpaticone (dico, clienti), avrei caricato il bancomat, NON sarei uscito (e se lo fossi sarebbe stato tipo “andiamo da omar a bere qualcosa”. Nnnniiiiice!) e me ne sarei andato a letto imprecando per le altre 8 ore di gabbia che mi attendevano il giorno dopo. Molto, molto interessante. Vale proprio la pena vivere cosi’ a 25 anni. Ora invece sto solo, solo camminando vicino al Mt Tongariro, un vulcano attivo sul serio. Vedo i 2500 metri di Mt Taranaki a piu’ di 120 km di distanza, inconfondibili. E mi sembra di essere in Patagonia, per le viste che ho. Suvvia, ma vogliamo mettere con lo starsene a casa, lavoro sicuro, indeterminato, vestitini eleganti e scarpette alla moda?! E chissene frega di avere amici da tutto il mondo, fare sport estremi, guidare in lungo e in largo e camminare altrettanto chissa’ dove nel mondo. Macche’, niente in confronto alla mia amatissssima Cadoneghe. La pace e la tranquillita’ della vita di TUTTI, tutti i santissimi giorni.

Ma vafanculo. Con una f sola, I’m politically correct. E con tutto il cuore.

Stamattina comunque, poco dopo il mio risveglio, mi aspettavo di essere in gabbia, piu’ che al Tongariro National Park. Dopo la notte in macchina, alle 6.30 ero in fase “get ready”. Caccio via il sacco a pelo, mi svesto e vesto con movimenti che rassomigliano quelli di una larva che si trasforma in farfalla. Mentre mi tolgo il berretto e guardo fuori dal finestrino, vedo che dall’altra parte della strada un signore sulla sessantina avanzata esce dal cancello di casa e si dirige verso di me. Anche se non ha una brutta faccia o un’espressione poco rassicurante, fra me e me penso che e’ finita. “Mi chiedera’, gentilmente, di farmi trarre in arresto alla stazione di polizia piu’ vicina senza opporre resistenza”. Mi vedo gia’ a marcire in gabbia con una ventina di altri backpackers (tedeschi) rei di aver dormito in macchina e di aver infranto la legge. La pacchia e’ finita. Questi sono i pensieri che scorrono nella mia testa mentre tiro giu’ il finestrino. E come volevasi dimostrare, proprio li’ va a parare il signore anziano, ovviamente non pensando di chiedermi consigli sul come dar da bere alle piante in giardino. “Hai dormito qui in macchina tutta la notte?”, e io, mettendo le mani avanti, replico pronto “Si, lo so che non si potrebbe ma e’ stata un’emergenza, da stupido non ho prenotato l’ostello per tempo e venendo dalle cave sono stanco morto, non ho trovato posto nell’unico che ho trovato ed ora e’ tutto chiuso, ho pensato che qui fosse un posto dove non avrei dato fastidio ecco”. Poi, anziche’ estrarre delle manette o il cellulare per chiamare la polizia, mi replica: “Ah.. beh, mi spiace perche’ ieri sera non ho notato che ti eri sistemato qui per dormire, l’ho realizzato stamattina e son venuto fuori per accertarlo, averlo saputo avresti potuto venire in casa e avere un letto dove passare la notte! Pazienza, dai, se vuoi venire dentro puoi avere almeno una buona colazione, una doccia se ti serve, e se vuoi restare la notte, non farti problemi!”

Rimango, assolutamente, di sasso.

Chi legge potra’ pensare e dire cio’ che vuole. Il solito colpo di fortuna, semplicemente l’incontro con una persona generosa, casualita’. No. Io la penso diversamente.

Vedete, ho dormito di fronte ad una chiesa, lo ricordate? Non sono uno che crede molto in miracoli, gesti paranormali che accadono cosi’ all’improvviso, persone mandate dall’alto per provvedere ai tuoi bisogni. In realta’ poi bisognoso non lo ero affatto, avevo gia’ in programma di guidare fino all’ostello dove avrei dormito la notte successiva e cucinarmi li una buona colazione. Ma vedete, c’e’ sempre un momento nella vita in cui qualcosa accade, e quel qualcosa ci aiuta ad aprire gli occhi, a vedere al di la’ della nebbia di ogni giorno. Io sto capendo tante cose viaggiando qui. E una di queste e’ che c’e’ veramente Qualcuno lassu’ che ci guarda, che ci segue, che ci aiuta e ci protegge, soprattutto se lo cerchiamo e se stiamo con lui. Oggi e’ stato come dormire vicino a Lui, e come ricompensa – anche senza aver fatto nulla per riceverne una! Il bello della gratuita’ – ecco che ti manda una persona nobile e generosa ad offrirti una colazione e della genuina ospitalita’. E’ fantastico, quasi da non credere. E’ veramente pura casualita’?! Mah.

Salta fuori che questo signore e’ un prete che lavora come cappellano nella prigione locale. Mi vengono in mente tante cose mentre parlo con lui, con sua moglie, mentre mangio le uova e il toast, il latte e cereali che gentilmente mi offrono. Arrivo alla conclusione mentre li saluto, e mentre mi danno un fogliettino con i loro recapiti, “Giusto in caso dovesse capitare qualcosa, sai che puoi contare su qualcuno qui vicino!”.

E la conclusione e’ presto detta: se devo indicare le persone che finora piu’ hanno segnato questa mia esperienza, che piu’ mi hanno aiutato, che piu’ mi hanno colpito per generosita’ e altruismo, dovessi prenderne 3, ecco, sono tutti e 3 delle persone religiose che hanno una fortissima fede in Dio. E non, non e’ un caso. Uno dopo aver avuto un rapporto affittuario-inquilino, diventa grandissimo amico e mi offre di stare da lui a gratis, mi aiuta con la posta, i locali, gli sconti. Una persona che, per dire, in una giornata di sole prende e va al lago con la Bibbia in mano, per “meditare e cercare di parlare con Dio”. Uno lo incontro come host su couchsurfing e mi offre, oltre ad un letto, una cena, una colazione ed un pranzo per il giorno seguente. Tutto, ovviamente, a gratis – come la connessione internet, del resto. Anche lui, una persona che prega per il cibo che riceve ogni giorno e per le persone che, come me, incontra sulla sua strada. Infine, uno che anziche’ chiamare gli sbirri e farmi sbattere in cella per barbonaggio o qualcosa del genere, mi apre le porte di casa sua e mi offre vitto e alloggio. Un cappellano, uno “casa e chiesa”, come si dice da noi. Casa e chiesa da noi ha un’accezione spesso negativa, vero? Troppo santerello, troppo candido, puritano. Beh, sapete che vi dico? Non e’ tutta questione di casa e chiesa qui, c’e’ anche tanta cultura, cultura buona, onesta’, altruismo, generosita’, cose che a casa non vedo o se vedo, vedo mischiata a tanto opportunismo, superbia e anche, scetticismo. Non c’e’ paragone. Ora sto in un mondo diverso, dove le pecore nere ci sono comunque, ma sono la minoranza, e sono circondate da un esercito di persone brave e pronte ad accogliere il prossimo. E se questo vuol dire essere circondati da persone “casa e chiesa”, ben venga. Adoro questo tipo di persone.

Piu’ avanti, lungo la strada, dopo una curva vedo stagliarsi all’improvviso sulla mia sinistra un imponente monte che si erge solitario, dal nulla. Non una montagna dalla cima aguzza, esile, quelle stilizzate che si vedono di solito. Questa ha la cime che la fa assomigliare piu’ ad un trapezio che ad un triangolo. E, ops, mi correggo, non e’ solitaria: dopo la curva successiva, poco piu’ a sinistra si staglia un’altra, imponente figura, che piu’ che un monte richiama alla mente un vulcano. Si, sono decisamente arrivato a National Park. E’ il nome di un paese eh, non fraintendete, non potrei mai essere cosi’ generico nell’indicare un parco nazionale. C’e’ veramente un paese che si chiama National Park, probabilmente perche’ e’ circondato da due parchi nazionali. Si, direi che la spiegazione potrebbe calzare a pennello. Anche se ricordo ancora, un mese fa, la prima volta che ci passai vicino, vidi un cartello con l’indicazione “National Park, Rd.4”. Rimasi allibito, pensai, “Come cazzo indicano i luoghi questi??! Poco generico no?!”. In realta’, dovetti correggermi. Ma fa niente. Il villaggio e’ minuscolo, a fatica un supermercato e un ufficio postale, ma sta bene. A me interessano piu’ i chilometri non asfaltati di sentieri e piste, che quelli asfaltati delle strade che conducono a negozi e cose del genere. Mi dirigo dritto al visitor center e ovviamente, avendo il Tongariro eruttato poco piu’ di una settimana prima, mi viene negata la possibilita’ di fare il Tongariro Crossing, la day hike piu’ bella della Nuova Zelanda. Provo ad indagare se alla trailhead vi sia semplicemente un cartello con scritto “Vietato proseguire oltre” o se vi siano anche dei loschi figuri addetti al rispetto di tal prescrizione. E ovviamente, mandando a banane qualsiasi mio infido piano, mi viene risposto che si, i figuri in questione sarebbero li ad aspettarmi. Bene. Vengo demandato alla camminata verso Upper Tama lake, le solite 6 ore andata/ritorno che percorrero’ nella meta’ del tempo. C’mon.

Cammino sotto il sole cocente, possente, ustionante. La mia politica non ha previsto una razione di crema solare anche sulle spalle e sulle braccia, col risultato che gia’ a meta’ camminata mi sento “un leggero bruciore” in quelle zone. Le mie braccia poi sono speciali, assomigliano a dei Ringo, marroni sopra, gialle sotto. Lungo il sentiero viaggio con la mente dalla Nuova Zelanda alla Patagonia, alla Scozia, all’Alaska. Paesaggio sublime, ispirante. E’ bello ogni tanto fermarsi per qualche secondo e girare per 360 gradi sui proprio piedi. Passare dai possenti, vulcanici quasi 2300 metri di Mt.Ngauruhoe ai meno possenti, ma decisamente piu’ massicci 2900 di Mt.Ruapehu, e infine, voltandosi verso le pianure, passando foreste, fiumi, praterie, 120 km piu’ ad ovest, perdere il proprio sguardo sulla vetta imbiancata di Mt.Taranaki, 2500 metri d’altezza. Semplicemente fantastico. Anche se non e’ come essere sull’Everest, per ora mi posso dire soddisfatto. Un giorno saro’ anche dalle parti dell’Everest, lo so. Lungo la via, supero il solito macello di gente. Mi fermo solo in cima, per qualche biscotto energetico (che ho rinominato “biscotto di Balzar”, per i cultori di DragonBall) e per iniziare il mio lavoro da fotografo. Treppiede attaccato alla camera, e via, giu’ per la montagna, a fermarsi, provare, trovare lo scatto migliore. Mentre scendo attacco bottone con un neozelandese di Auckland che mi dice che questa e’ la terza volta che prenota un tour del Tongariro Crossing, e che per la terza volta consecutiva non riesce a farlo per un motivo o l’altro. La prima era stata il brutto tempo, la seconda l’eruzione dell’agosto scorso, la terza, recente, l’ultima eruzione. Pazzesco eh? Io gli consiglio di rinunciare, dev’esserci qualcosa di losco sotto evidentemente. La cosa che mi stupisce di piu’ tuttavia e’ che, quando mi chiede da dove vengo e gli rispondo ovviamente “Italia”, lui mi risponde “Pensavo fossi americano o qualcosa del genere”. E non e’ il primo. In questi giorni mi sto molto meravigliando – e a dire il vero inorgogliendo – del fatto che diversa gente pensa che sia americano o che comunque, perlomeno abbia un forte accento americano. Non riesco ancora a capacitarmi di come un english-speaker possa confondermi con un americano, so che ho ancora un sacco da imparare soprattutto in articolazione dei discorsi e in vocabolario, ma la cosa mi da un sacco di orgoglio. Quando arrivero’ in America saro’ pronto!

La giornata, una volta completata la camminata, potrebbe dirsi completa e stupenda: notte decente, risveglio sorprendente, persone incredibili, paesaggi incantevoli, tempo pregevole. Cos’altro desiderare di piu’? Io personalmente, non riuscivo ad immaginare altro. Cosa chiedere di piu’ dopo un giorno cosi’? Direi piuttosto che solo pensare ad avere qualcosa in piu’ sarebbe maledettamente egoista, sbagliato, presuntuoso. Mi sarei accontentato di un terzo delle emozioni e della felicita’ avuta. Eppure, le vie del Signore sono infinite e anche se lungo la via ogni tanto c’e’ un dosso, una sbarra, una buca, tante, tantissime volte ci sono dei pacchi regalo grandi come case. Ecco cosa mi e’ capitato la sera. Un regalo enorme.

Una ragazza. Entrata nel mio mondo in punta di piedi, chiedendomi se stavo cercando le forbici e aiutandomi a trovarle. Non so perche’, ma da quando l’ho guardata in quell’istante, il sorriso che si siamo scambiati, tutto il resto e’ passato in secondo piano. E’ una ragazza che mentre io sistemavo le mie foto al tavolo della cena, si e’ seduta di fronte a me, e non ho visto il perche’ di non iniziare a parlare con lei. Non voglio dire del mio sguardo da pesce lesso mentre fissavo i suoi occhi, voglio dire invece che e’ stato bellissimo parlare con lei, non mollare mai uno sguardo, entrambi, condividere tante esperienze. E darci l’arrivederci al giorno dopo. Pensare di rivederla e di stare ancora insieme a lei per un’altro giorno e’ stata la miglior ninna-nanna che potessi ricevere. Sono andato a letto felice come un bambino alla vigilia di Natale.

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